Verona

African Summer School 2014

Riccardo Vecellio Segate - 11 Maggio 2014

270257_10200264081426227_356759542_n-300x209Ritorna la scuola estiva che spiega come guardare il mondo dal lato dell’Africa. Dal 13  maggio è possibile iscriversi all’African Summer School di Verona, ideata da Fortuna Ekutsu Mambulu e promossa dall’associazione  African Friends. Le ragioni del progetto e le testimonianze di chi ha già partecipato.

Investire su se stessi come persone globali, come studenti e come professionisti, come aspiranti imprenditori in un pianeta di cui ogni area merita di essere approfondita ed esplorata. E ancora, porsi in gioco come uomini e donne della società interculturale del futuro, complici di quell’interconnesione multilaterale fondamentale nelle strategie occupazionali e comunicative dell’orizzonte internazionale che sta iniziando a palesarsi con sempre più chiarezza. Questa la sfida del progetto di formazione imprenditoriale “African Summer School – Business incubator 4 Africa”: prima scuola estiva di questo genere in Europa, organizzata a Villa Buri (Verona) dal 3 al 10 agosto 2014 e rivolta a giovani italiani e africani, in una dimensione d’arricchimento reciproco che scommetta su quel ponte invisibile ma imprescindibile che pone in relazione le due sponde del Mediterraneo. Un mare, quest’ultimo, in cui la tragedia dell’immigrazione clandestina viene spesso eretta a paradigma di un’integrazione costosa, pericolosa, impossibile, sostanzialmente priva di un ritorno concreto, e dunque racchiusa in sterili formule umanitarie e assistenzialiste che evidenziano – del sistema Africa – solo i  tratti stereotipati della miseria, della devastazione e della ricerca di una terra migliore, più stabile, meno precaria e belligerante. Non che questi presupposti siano del tutto scorretti o inesistenti, ma di certo rappresentano una percentuale irrisoria del tessuto multietnico ormai caratterizzante tutte le più evolute nazioni occidentali: un tessuto coeso e dinamico, teso all’arricchimento reciproco e allo scambio economico leale, all’espansione intelligente del mercato del lavoro, alla delocalizzazione aziendale in Africa e alla migrazione familiare in Europa, in un processo complessivo che tenga presenti le rispettive necessità e le poliedriche esigenze di crescita.

Tutto questo s’insegna all’African Summer School, dove docenti internazionali – dopo aver offerto una panoramica del continente africano dal punto di vista storico, antropologico, sociale ed economico – accompagnano gli studenti in un percorso di progettazione imprenditoriale, seguendoli dalla stesura della prima bozza fino all’accesso al microcredito per la concretizzazione delle idee giudicate più innovative da un Comitato di valutazione composto da docenti universitarî e operatori del settore. Un’occasione davvero unica non solo per le numerose lezioni o per la settimana di networking intergenerazionale e intercontinentale, ma soprattutto per la possibilità di sconfiggere la paura di azzardare, di provare, di crescere insieme agli altri e attraverso gli altri, con uno sguardo vivace e curioso in direzione d’uno scenario territoriale e commerciale troppo spesso bistrattato dall’opinione pubblica e sottostimato dalle università.

Considerazioni confermate dagli allievi della prima edizione dello scorso anno, che testimoniano come partecipare all’iniziativa sia stata «una delle migliori esperienze della vita. Oltre ad essere un’occasione unica per conoscere meglio l’Africa e condividere con altri giovani le proprie idee di sviluppo e di business legate al continente, è anche un posto dove creare nuove grandi amicizie e ideare nuovi progetti di vita da portare avanti insieme. Proprio alla Summer School ho conosciuto uno dei miei migliori amici, con il quale adesso conduco un programma radiofonico d’informazione sul continente africano. Se ami l’Africa non puoi perdere un’occasione del genere» (Marco, laureando in Giornalismo all’Università di Verona).

Al riscontro di Surayya, secondo cui la scuola possiede «tutte le carte in regola per crescere, definirsi e risuonare internazionalmente negli anni successivi», fa eco Wanda – operatrice della cooperazione internazionale – che ci racconta: «Nel 2013 ho partecipato alla 1a edizione dell’African Summer School poiché avevo intenzione di sviluppare e approfondire la mia conoscenza sul continente africano da un punto di vista di sviluppo economico, un apprendimento di alcuni temi che a me interessano particolarmente, oltre che lo studio di nuove lingue. Negli ultimi 6 anni ho lavorato con varie Ong in Medio Oriente ed in Africa Sub-Sahariana; il mio interesse va ben al di là del semplice lavoro, amo il calore e l’ospitalità dell’Africa e della sua gente, adoro viaggiare e scoprire nuovi posti, imparare nuove lingue e dialetti, conoscere le diverse tradizioni e molto altro ancora. Dopo l’African Summer School sono immediatamente partita per lavoro per un progetto agricolo-sanitario nel nord del Senegal. A novembre dello scorso anno sono stata premiata dalla Qatar Foundation per un’idea di progetto contro la desertificazione e in favore dello sviluppo eco-sostenibile. […] In questo momento mi trovo a Gerusalemme: sono la focal point del progetto Midemp, finanziato dall’Unione Europea (nello specifico Enpi) per lo sviluppo socio economico tra Giordania, Israele e Palestina. Partecipare alla Summer School è risultata una bella maniera per confrontarsi, mettersi in gioco e nel mio caso capire in che àmbito della cooperazione internazionale approfondire il mio interesse, e continuare a lavorarci».

Con questi messaggi così positivi, propositivi e talvolta perfino emozionanti, non possiamo che credere alla stringente urgenza di un progetto come questo in una congiuntura socio-economica come questa. È giunto il momento di aprire gli occhi. Anche sull’Africa, perché no!? In fondo veniamo tutti da lì, e probabilmente un giorno ci ritorneremo.

Riccardo Vecellio Segate