Femminicidi

Per Cristina

- 11 Maggio 2014

Una donna uccisa in maniera orrenda, probabilmente non la prima di una serie. La cronaca ne ha parlato come “la prostituta crocifissa”, una ragazza di nazionalità rumena che è stato facile definire come “sbandata”, “persa”, che probabilmente aveva accettato di vendersi per una prestazione e che si è ritrovata seviziata, soffocata e lasciata a morire lentamente, legata ad un cavalcavia. Poi le indagini, subito indirizzate verso un “normale cliente”, e anche su di lui i cliché scontati: “l’omicida della porta accanto, italiano ovviamente, già noto alle forze dell’ordine per precedenti violenze ai danni di prostitute. Ci si è scatenati nelle definizioni a raffica, dal serial killer fiorentino che serve a riportare ai fasti del “mostro”, ai tentativi dell’avvocato difensore di parlare di un gioco erotico finito male, ma in cui la vittima, come spesso accade, era consenziente. E l’omicida, che dichiarava alla madre comprensiva durante l’arresto: «Ho fatto una bischerata!». Una storia che sarà rapidamente dimenticata, che non verrà annoverata fra i tanti casi di femminicidio di cui è zeppa la cronaca nostrana, forse perché la vittima attiene ad un’altra specie, meno importante. Eppure sarebbe utile provare ad interrogarsi in maniera meno emotiva e più razionale. C’è chi sogna ancora la riapertura delle “case chiuse” per tassare le prostitute, toglierle dalla strada per ripristinare il decoro urbano e renderle ancora più ricattabili e invisibili. E ci sono sindaci che credono di poter affrontare il tutto a colpi di ordinanze proibizioniste che spesso superano il senso del ridicolo che ottengono il solo effetto di spostare periodicamente le strade in cui le ragazze, spesso minorenni, vengono acquistate da bravi e onesti padri di famiglia, la cui distanza col killer di Firenze è difficile da prevedere. Da chi, sul fronte della lotta allo sfruttamento, cerca di dare una mano a chi vuole uscire da una vita di inferno, giungono notizie poco rassicuranti. I fondi per l’applicazione dell’ex articolo 18 del testo unico, una delle norme più avanzate d’Europa, sono stati tagliati, per i progetti di protezione non ci sono i fondi e non è frequente che prima ancora di poter scegliere del proprio destino, le ragazze intercettate vengano rimpatriate verso il proprio Paese, in attesa di essere rispedite in Italia o in un altro Stato dell’Unione Europea. Associazioni come Bee Free hanno spesso denunciato come le norme che permetterebbero alle ragazze di trovare una possibilità, non vengano prese in considerazione neanche dalle forze di polizia. Ma anche rispetto a chi decide di esercitare la professione di sex worker non andrebbero garantite quelle condizioni di sicurezza e di incolumità che dovrebbero spettare ad ognuno di noi? Difficile immaginare come, e difficile capire come modificare una cultura maschile che sembra immodificabile rispetto all’utilizzo del corpo femminile. Affrontare una questione non marginale per uscirne fuori e senza dover leggere più storie come quella di Cristina, utopico ma necessario.