Roma

L’officina multiculturale

- 11 Maggio 2014

C’è voluto molto per trovare anche un nome adatto ad un progetto semplicemente ambizioso. Quello che è stato presentato a Roma il 13 maggio, nella sala della biblioteca del Senato, ha il sapore di una sfida contro i tempi di cui la città però ha bisogno. Realizzare “L’officina delle Culture”, uno spazio plurale in cui rendere conto della pluralità che ormai ha assunto la capitale. Non si tratta solo di fornire spazi alle tante componenti migranti presenti a Roma quanto di prendere atto di un meticciato presente e ricco, frutto di contaminazioni continue, di produzioni culturali di alto livello e di una esigenza che non è più soltanto di nicchie da addetti ai lavori. Il 3 gennaio scorso, ad una scommessa organizzata all’ex Acquario Romano, una bellissima struttura della facoltà di Architettura, un evento per non dimenticare l’ecatombe di Lampedusa, erano presenti, in una serata di solito dedicata alle festività e priva di grandi nomi di richiamo, almeno 500 cittadini provenienti da mezzo mondo che si sentivano parte in causa di quel dolore. Da quel dolore, ma anche da una esigenza da troppo tempo rimasta inevasa, ha cominciato a prendere corpo un progetto ancora in fase embrionale che ha visto come protagonisti attivisti antirazzisti, intellettuali come Igiaba Scego e Aly Baba Faye, Alessandro Triulzi e Alessandro Portelli, rappresentanti istituzionali del primo municipio, del Comune e di alcune forze politiche progressiste.

L’obiettivo è quello di aprire uno spazio, ampio e aperto, per incentivare e dare visibilità alle produzioni artistiche e culturali che mostrano come la capitale sia ormai divenuta multiculturale in ogni ambito della propria vita. Spettacoli, laboratori, teatro ed arti di ogni tipo, incontro fra le mille anime di questa città, per aprire dialoghi e realizzare connubi i cui esiti possono essere imprevedibili ma certamente positivi. Le risorse economiche a disposizione sono per ora poche e questo spazio, se verrà garantito come sembra dall’amministrazione, dovrà rendersi autonomo nella sua vitalità produttiva ma ha delle potenzialità enormi e attorno ad esso, in una gestione collettiva ma definita, potrebbero contribuire numerose energie. Una scommessa insomma che si sta per aprire, quella di far divenire Roma simile a tante altre città europee. Una scommessa da accettare.