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25 maggio 1896

Daniele Barbieri - 21 Maggio 2014

225px-Luigi_Federico_MenabreaC’è persino un asteroide intitolato a lui (il 1997 VA4 è stato ribattezzato «27988 Menabrea») e probabilmente merita tale onore, perché come scienziato fu personaggio di rilievo. Come militare e politico fu invece uno dei peggiori rappresentanti del colonialismo e del razzismo piemontese verso il Meridione.
Nato nel 1809 (e morto appunto il 25 maggio 1896), Luigi Federico Menabrea si laurea in ingegneria e matematica, è ingegnere e ufficiale del genio, professore all’Accademia militare, in contatto con Charles Babbage e con quell’Ada Lovelace che Wikipedia (ma quasi tutta l’informazione istituzionale si accoda) definisce «valente collaboratrice di Babbage» ma che fu molto di più… però va esclusa da ogni riconoscimento perché “la scienza non è affare di donne”.
Menabrea nel 1848 viene eletto deputato, poi nel 1860 senatore a vita. Come militare partecipa alle campagne di Lombardia (1859) e all’assedio di Gaeta. Poi è ministro della Marina nel primo governo Ricasoli (1861-62) e dei Lavori pubblici in quelli successivi. Ma soprattutto dall’ottobre 1867 al dicembre 1869 è primo ministro. E qui ecco il piemontese di ferro: contrasta Garibaldi che vuole liberare Roma dall’oppressione del papa; impone la famosa tassa sul macinato, con conseguenze tragiche e di fronte alle proteste popolari dà poteri speciali al generale Raffaele Cadorna. Ma soprattutto, anche da capo del governo, fomenta il razzismo verso i meridionali. L’iniziativa più clamorosa è quella presa il 16 settembre 1868: come capo del governo scrive all’ambasciatore italiano in Argentina (Enrico della Croce di Dojola) per chiedergli di sondare la disponibilità del governo argentino a concedere all’Italia terre «totalmente disabitate» nella deserta Patagonia per deportarvi i «briganti» del Sud. Briganti per modo di dire: in questa etichetta veniva compreso chiunque si opponesse o comunque non fosse abbastanza entusiasta di quel che le truppe piemontesi (tecnicamente sono italiane ma di fatto non è così) vanno facendo in una logica di occupazione militare. Menabrea è un sostenitore del (testuale) «sano terrorismo» di Marco Minghetti – come lui esponente della Destra “storica” – che anzi bisogna «accrescere».
Il progetto di deportazione nella testa di Menabrea è molto chiaro: occorrono «stabilimenti penali in lontane contrade». È un carcere, non una “migrazione” di massa o una subdola impresa coloniale (come qualcuno, dall’altra parte dell’oceano, sospetta): «Limitata allo scopo poc’anzi accennato, l’occupazione territoriale non avrebbe in vista lo stabilimento di una vasta colonia destinata ad acquistare una vasta importanza politica». L’Argentina comunque non concesse le terre disabitate e il progetto si arenò. O almeno così si legge di solito.
Ma nel libro Terroni (sottotitolo: «Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali») Pino Aprile inquadra il tentativo di Menabrea (che viene però definito erroneamente «ministro degli Esteri») in un contesto storico e geografico ben più ampio.
Leggiamo.
«Menabrea cercò di farsi dare una landa desolata per deportarli (i meridionali): in Patagonia o nel Borneo, in Tunisia, in Eritrea, nel Mar Rosso (l’isola di Socotra), in Mozambico, in Angola, sulla costa est dell’Australia, nell’arcipelago delle Nicobare (Oceano Indiano) o a Timor, a Goa, a Macao. Dieci anni durò questa ostinata ricerca. Il generale Cadorna (Raffaele) tentò di convincere il ministro inglese, lord Granville (l’esperto britannico delle colonie) che era la cosa migliore da fare perché le esecuzioni in massa suscitavano sdegno all’estero e reazioni in loco». Nel libro Maledetti Savoia Lorenzo Del Boca lo traduce così: «un campo di sterminio» ma lontano dagli occhi. «La cosa andò avanti con tale petulanza e volgarità – è di nuovo Pino Aprile – che la diplomazia britannica invitò poco diplomaticamente il governo italiano a non insistere».
La questione meridionale fu poi “risolta” dai governi detti italiani senza deportare briganti in lande isolate: repressione e migrazioni, rapina di beni (e di industrie) e accordi con mafia e simili. Il tutto condito da teorie razziste che non furono solo patrimonio della Destra storica; un altro scienziato dell’epoca, ben più noto di Menabrea, che ravvisò “tare genetiche” nei meridionali era infatti considerato un progressista: si chiamava Marco Ezechia Lombroso ma preferì ribattezzarsi in Cesare, forse per evitare che quell’Ezechia svelasse le sue origini ebraiche in una società dove l’antisemitismo si accompagnava al pregiudizio contro i meridionali. Ma questo è ovviamente un altro discorso (o un’altra «scordata», chissà). Nel frattempo chi voglia ricostruire questo versante del razzismo italiano può partire «La razza maledetta. Origini del pregiudizio antimeridionale».

Daniele Barbieri