Spagna

La Catalunya non è la Padania

Daniela Pistillo - 21 Maggio 2014

catalognaL’8 aprile si è svolto a Barcellona presso il Centro per gli Affari Internazionali (Cidob) di Barcellona il terzo seminario di scambio nell’ambito del progetto Immigrati, Partecipazione Politica e Integrazione (Ippi) promosso dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali di Roma, che ha lo scopo di analizzare la partecipazione dei cittadini di origine straniera alla vita politica dei paesi di residenza e di diffondere buone pratiche di organizzazione della partecipazione.
L’incontro si è svolto in due sessioni: una mattutina nel corso della quale si sono confrontate le varie esperienze di inclusione dei cittadini di origine straniera nei partiti politici italiani e catalani ed una pomeridiana nel corso della quale è stato dato ampio spazio a rappresentanti di associazioni e comunità e si è aperto con una descrizione del fenomeno migratorio in Spagna dalla quale sono emersi alcuni aspetti molto interessanti. Infatti, a fronte di un contesto migratorio relativamente simile tra Italia e Spagna (in Spagna sono presenti 5.5 milioni di cittadini di origine straniera su 46 milioni di abitanti) e di un contesto legislativo abbastanza simile in termini di cittadinanza (anche in Spagna vale prevalentemente il principio dello ius sanguinis) e diritto di voto per i cittadini non comunitari, sono da segnalare alcune interessanti differenze. Innanzitutto, la possibilità di acquisire alla nascita la cittadinanza spagnola se almeno uno dei due genitori, anche se di origine straniera, è nato in Spagna ed in secondo luogo la presenza di accordi bilaterali con Paesi, prevalentemente dell’America Latina, che permettono agli stranieri provenienti da questi paesi di fare domanda di cittadinanza dopo due anni di residenza, invece che dopo 10, e di votare alle elezioni amministrative.
Un primo aspetto interessante è emerso già dalla stessa composizione delle delegazioni: infatti, mentre erano presenti i responsabili per l’immigrazione di tutti i maggiori partiti politici catalani (Partido Socialista De Cataluña, Partido Popular de Cataluña, il partito autonomista Convergència Democràtica, Esquerra Republicana, di sinistra ed il partito verde Iniciativa per Catalunya Verds), la delegazione italiana comprendeva, oltre ai rappresentanti di varie associazioni e sindacati, solo i responsabili immigrazione dei partiti di ispirazione progressista, nonostante l’invito a partecipare fosse stato inoltrato dall’Iprs a tutti i partiti politici italiani. La trasversalità della tematica immigrazione nei vari partiti ed il suo non utilizzo in maniera strumentale è stato sottolineato dall’intervento di Miquel Esteve, il Commissario dell’Ajuntament di Barcellona di Convergència Democràtica che è succeduto al socialista Daniel de Torres alla guida della Commissione cittadina per l’Immigrazione, che ha appunto sottolineato come il fatto che, sul tema ci sia sempre stata una buona convergenza tra i vari partiti politici, ha permesso alla città di Barcellona di portare avanti progetti ed iniziative della Commissione senza che questi risentissero in maniera negativa dei cambi di maggioranza che si sono succeduti con le varie elezioni.
Questo aspetto si riflette anche nel numero di candidati di origine straniera presenti, a livello nazionale, nelle diverse liste alle elezioni del 2011. Secondo l’analisi del Gruppo Interdisciplinare di Ricerca sull’Immigrazione dell’Università di Barcellona, erano infatti presenti 500 candidati di origine straniera nelle liste del Pardido Popular e 586 nelle liste del Pardido Socialista: numeri tutto sommato comparabili. A tal riguardo va sottolineato che, a causa del meccanismo delle liste bloccate, la stragrande maggioranza di cittadini di origine straniera è stata candidata da entrambi i partiti in posizione non eleggibile e questo è stato il principale motivo di critica ai partiti spagnoli per quanto riguarda la promozione della partecipazione e della rappresentanza dei cittadini di origine straniera.
Un elemento costante della discussione ricordato sia da delegati catalani che italiani è la necessità da parte dei politici sulla formazione come strumento per favorire la partecipazione e la consapevolezza dei propri diritti: formazione non solo dei cittadini di origine straniera, ma anche degli autoctoni sulle questioni dell’immigrazione. A tal riguardo, sono state citate le esperienze positive sviluppate a Roma, Brescia e attualmente a Milano dal Forum Immigrazione del Pd.
Un altro aspetto interessante illustrato da Miquel Esteve riguarda l’istituzione di un albo dei cittadini stranieri residenti presso la città di Barcellona dove, con la garanzia di non comunicare i dati alle autorità di polizia, possono registrarsi sia gli immigrati regolari che gli irregolari che in tal modo ricevono la possibilità di accedere ad una serie di servizi erogati dalla città, col vantaggio per l’amministrazione comunale di avere dati precisi sulle presenze in città e di poter pianificare di conseguenza con maggiore efficienza l’erogazione dei servizi e gli interventi in caso di emergenze di vario tipo.
Un modello interessante che si basa certamente su un sistema di erogazione dei servizi molto più decentrato, ma anche sul tentativo di costruire una convivenza civile basata essenzialmente sulla fiducia reciproca tra cittadini di diversa provenienza e istituzioni, che sarebbe bello veder crescere anche in Italia.

Daniela Pistillo