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12-18 giugno 1938

Daniele Barbieri - 17 Giugno 2014

porraimosCome gli ebrei: discriminati prima per legge e poi rinchiusi nei lager, torturati, sterilizzati, sottoposti a esperimenti medici, sterminati. Erano di «razza inferiore», tarati geneticamente, pericolosi socialmente, dunque andavano eliminati. «Gli zingari sono stati uccisi in una proporzione simile a quella degli ebrei, circa l’ottanta per cento nell’area di quei Paesi che erano occupati dai nazisti»: così scrisse, sullo sterminio degli zingari, Simon Wiesenthal, il più famoso «cacciatore di nazisti». Ma, con ogni evidenza, di quest’altro Olocausto sappiamo poco. E soltanto il 14 aprile 1994 ci fu – all’interno dello U.S. Holocaust Memorial Museum di Washington – un riconoscimento internazionale del Porrajmos con la prima commemorazione delle «vittime rom dell’Olocausto».
Quel che conosciamo è in gran parte merito della studiosa ebrea Miriam Novitch che dedicò gran parte della sua vita a raccogliere documenti anche sullo sterminio del popolo Rom.
Fra il 1939 e il 1945 certamente vennero uccisi oltre 500.000 zingari, forse molti di più. Ma le persecuzioni e gli omicidi erano iniziati prima: in Austria-Germania e, in misura minore, anche nell’Italia di Mussolini.
Un passaggio-chiave di quella strategia fu in Austria e Germania «la settimana della pulizia zingara» (Zigeuneraufraummungswoche) fra il 12 e il 18 giugno 1938; su quel che accadde in quei giorni sappiamo pochissimo. Passano pochi mesi e (l’8 dicembre 1938) Heinrich Himmler promulga una circolare che invita a combattere «la razza zingara». Poi le deportazioni e lo sterminio.
Un consiglio di ascolto, visione e lettura per chi vuole saperne di più.
«Anch’io avevo una grande famiglia / ma la Legione nera l’ha sterminata» sono alcuni versi di Uprè Romà [Alzatevi Rom], la canzone tradizionale che apre il cofanetto – 2 dvd con 6 documentari per 150 minuti più un prezioso libretto – «A forza di essere vento: lo sterminio nazista degli zingari» pubblicato anni fa dalla rivista «A» [arivista@tin.it , 02 2896627]. Si parte dai versi di Fabrizio De André: «il cuore rallenta la testa cammina / in quel pozzo di piscio e cemento / a quel campo strappato dal vento / a forza di essere vento».
Il primo dei due dvd si apre con le parole di Moni Ovadia: 19 secondi per una semplice ma terribile domanda: «Hai mai avuto un amico zingaro?» seguiti dal documentario «Zigeunerlager» [ovvero il campo dei nomadi] che fra l’altro racconta l’orribile 2 agosto 1944, quando in una sola notte 20 mila fra rom e sinti vennero massacrati; a seguire «Hugo» di Giovanna Boursier, basato sulla testimonianza del sinto tedesco Hugo Hollenreimer che fu internato ad Auschwitz.
Il secondo dvd scava nel «Porrajmos, la persecuzione dimenticata»: c’è il documentario realizzato per Opera Nomadi da Paolo Poce e Francesco Scarpelli con l’intervista a Mirko Levak [un rom sopravvissuto ad Auschwitz], uno spettacolo registrato a Milano il 24 gennaio di quest’anno e altri preziosi materiali.
Nel libretto, Paolo Finzi racconta la scoperta di uno sterminio che molti ancora oggi vogliono ignorare perché gli zingari, «i figli del vento», sono gli asociali – i “sottouomini” – per eccellenza. Furono mezzo milione i rom e sinti sterminati nei lager come gli storici raccontano? O si arriva all’ancora più mostruosa cifra di oltre tre milioni di “nomadi” assassinati sotto Hitler e [anche fuori dai lager] durante tutta la seconda guerra mondiale, come sostengono molti rom? Quegli «asociali» furono vittima del pregiudizio anche a nazismo caduto: nessuno dei sopravvissuti venne chiamato al processo di Norimberga per testimoniare e alle vittime venne per lungo tempo negato ogni riconoscimento e risarcimento. A seguire – nel dvd – un saggio di Giorgio Bazzecchi e Maurizio Pagani [di Opera nomadi] che ci riporta all’oggi per documentare che «nell’Unione europea oltre 10 milioni di rom, sinti e camminanti sono sotto la soglia di povertà e ancora oggetto di gravissime discriminazioni politiche e sociali»; in questo quadro l’Italia nega i diritti di cittadinanza e molti se ne vantano o fingono di non vedere. Come dimostra l’ultimo documento, anche fotografico: la vicenda dei rom rumeni sgomberati nel 2004 da via Adda a Milano.
Non è quasi mai vero che roulottes o campi siano voluti da rom e sinti. In molte parti d’Europa da tempo vivevano in normalissime case, ma anche questo è stato in fretta dimenticato: e di nuovo i nomadi sono stati perseguitati e quasi cancellati – stavolta nell’ex Jugoslavia – senza che i governi cosiddetti democratici del mondo si chiedessero dove erano finiti. Intanto in Italia come in altri Paesi, la situazione addirittura è regredita: la condizione di bambini o anziani sarebbe considerata disumana… per chiunque non fosse zingaro. Per questo molti esponenti di rom, sinti e camminanti da anni chiedono che, per evitare nuove discriminazioni, venga loro riconosciuta una cittadinanza europea anziché nazionale. Perché se davvero cadono le frontiere a loro deve essere riconosciuto di essere europei più di ogni altro.
Per quanto ampio sia il percorso documentario incrociato in A forza di essere vento è solo l’inizio di un discorso che, come sa chi passa spesso di qui, cerchiamo di sviluppare su Corriere delle migrazioni.

Daniele Barbieri