Modena

Il viaggio di Koband

Simona Hristian - 17 Giugno 2014

DCF 1.0Il Centro Stranieri del Comune di Modena ha organizzato per il 20 giugno – Giornata internazionale del rifugiato – la presentazione di una antologia poetica dal titolo Sotto il cielo di Lampedusa, annegati da respingimento, pubblicata da Rayuela Editore. Durante l’iniziativa, promossa dall’Acnur, ci sarà la lettura scenica di Il viaggio di Koband, un testo che racconta della fuga del giovane Koband Sardar Abdullah, curdo iracheno, dalla città di Kirkuk attraverso la Siria, la Turchia e le coste della Grecia fino al passaggio in mare verso l’Italia, nascosto nel rimorchio di un camion.

«Il viaggio di Koband è un racconto reale e trasposto al tempo stesso, scaturisce da fatti realmente accaduti per poi allontanarsi in uno spazio di fantasia, seppur suggerito dalla Storia – spiega l’autrice Elena Bellei – Si racconta di un viaggio, di una fuga, si racconta della ricerca di un riparo, di un rifugio, perseguito con disperata determinazione a protezione della propria vita e della propria identità. Non un rifugio come postazione d’attacco in una guerra persa in partenza per appartenenza etnica, culturale o religiosa, ma un rifugio che salvi e pacifichi. Per questo è preso a simbolo il grembo materno come metafora dell’accoglienza. La maternità è la prima casa, e la prima esperienza di alterità e di diversità. In questa storia è la maternità di un ventre violato. Gli stupri sono da sempre strumento di guerra».

Elena Bellei ha conosciuto il protagonista del racconto durante la lavorazione del video 6 domande sulla vita, interviste a 25 uomini e donne, italiani e stranieri realizzate insieme al Centro Stranieri di Modena. «All’epoca Koband era in attesa dello status di rifugiato e la sua storia ci aveva toccato molto. Parlava con una profondità emozionante della sua infanzia, della sua famiglia, e della paura che lo accompagnava sempre, costantemente, giorno e notte per quello che poteva accadere. Ci colpiva la sua forza e la sua determinazione. Cercavo solo una vita senza paura, diceva. Ora vive a Modena e lavora come cuoco».
La storia di Koband è la storia di tanti come lui, perseguitati per etnia o per religione o per adesione a un partito o a un movimento in un paese in guerra. Koband non aveva un progetto definito quando è fuggito: «Avevo solo buio nella testa». Anche altri, come lui, che raccontano la fuga, parlano di questo buio. Come fosse una difesa emotiva per non vedere né quello che ci si lascia dietro né quello che si può trovare. È una spinta di sopravvivenza che ha qualcosa di sovrumano, come se il corpo non volesse più sentire, come se non percepisse più freddo, né fame, né dolore, per poter vivere.
La regia di questa lettura de Il viaggio di Koband è di Stefano Vercelli, sul palco Francesco Rossetti e Koband Sardar Abdullah.

Simona Hristian