Lo studio

Il valore dell’immigrazione

Martina Zanchi - 9 Febbraio 2015

images_giornaliChe cosa accade quando si mettono da parte i pregiudizi per affidarsi ai dati reali? Si scopre che, in Italia, gli stranieri producono ricchezza. Precisamente l’8,8% delle risorse nazionali, circa 123 miliardi di euro l’anno.
Ce lo racconta la Fondazione Leone Moressa, grazie a uno studio portato avanti nel 2014 – intitolato “Il valore dell’immigrazione” – che si è posto l’obiettivo di fornire un’immagine realistica, scevra da speculazioni ideologiche, sui costi e i benefici della presenza straniera in Italia.
Ma la ricerca è andata oltre, spingendosi ad analizzare il tipo di informazione veicolata dalla stampa italiana sul tema dell’immigrazione e scoprendo – non troppo inaspettatamente – che proprio il giornalismo nostrano, in molti casi, tende a veicolare stereotipi e pressappochismo.

Perché se l’8,2% delle imprese in Italia è straniero, se l’Irpef pagata da contribuenti nati all’estero nel 2013 è ammontata a quasi 45 miliardi di euro, sembrerebbe invece che i fenomeni migratori facciano notizia nel nostro paese solo quando si tratta di sbarchi, di “emergenza” profughi, di fatti di criminalità. Il monitoraggio della Fondazione Leone Moressa ha riguardato tre delle principali testate giornalistiche nazionali (Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore), delle quali sono stati esaminati 846 articoli lungo un periodo di sei mesi. «Le testate giornalistiche privilegiano un’identificazione generica dei soggetti – si legge sulla ricerca – si parla principalmente di migranti e profughi». «Solo il 12% degli articoli trattati si occupa di economia e immigrazione».
Nelle notizie, secondo la Fondazione, manca la voce dei migranti, manca l’analisi della questione immigrazione non più come emergenza ma come fatto strutturale, manca il racconto di modelli positivi e “produttivi”, che pure non scarseggiano.

Nel 2008 l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana hanno sentito il bisogno di dotare i professionisti dell’informazione di un ulteriore codice deontologico, la Carta di Roma, attraverso la quale presentare le modalità adeguate con cui trattare argomenti relativi ai migranti. Grazie ad essa, negli ultimi anni la situazione è leggermente migliorata – ad oggi non è più così frequente trovare su un quotidiano termini come “clandestino” o “extracomunitario” – ma persiste una certa confusione nel linguaggio. Avevamo affrontato questo tema, in tempi non sospetti, con un’intervista al professor Jeroen Vaes dell’Università di Padova, secondo cui nella fabbrica di stereotipi alimentati sulla stampa interviene sia una certa superficialità che la pressione dell’agenda politica.

«In Italia manca il fact-checking». È questa la dura opinione della dottoressa Hermanin, senior policy officer dell’Open Society European Policy Institute di Bruxelles, presente per Open Society Foundation al convegno di presentazione del volume Il valore dell’immigrazione. Il tema si lega fortemente alla necessità di una legge sulla cittadinanza: «la politica non è interessata ai voti degli immigrati», secondo Hermanin, e questo favorirebbe la deresponsabilizzazione di buona parte della stampa nostrana.
Intanto gli stranieri continuano silenziosamente a lavorare e produrre, smontando con i fatti molti degli stereotipi che gli sono stati affibbiati. I dati parlano di un saldo positivo di 3,9 milardi, nel 2013, tra le spese e le entrate dello Stato italiano relative a chi non è nato in Italia. E non c’è Lega Nord che tenga.

Martina Zanchi