Accoglienza

Roma, al centro Salem vita agra per tutti

Stefano Galieni - 16 Febbraio 2015

salemLi incontriamo in una giornata di sole. La prima, dopo tanto freddo e pioggia, per i minori non accompagnati che sono accolti nel centro Salem di via del Frantoio, nella periferia est di Roma, a poche centinaia di metri da una fermata del metrò. Due problemi che si incontrano, da una parte un gruppo di minori ospitati in un centro di accoglienza pieno di carenze, dall’altra il duro lavoro degli operatori, fra orari massacranti, contratti precari e lavoro a rischio. L’occasione di entrare nella struttura è legata a una conferenza stampa organizzata dall’Unione dei Sindacati di Base (Usb) che rappresenta una parte degli operatori e che ha voluto mostrare i due volti di un disagio: quello dei minori, spostati come pacchi da un centro all’altro, e quello degli operatori stessi, sottoposti a forme contrattuali di lavoro che non garantiscono né la continuità occupazionale né una retribuzione adeguata.

Accompagnati dal senatore Luigi Manconi – presidente del Comitato per la tutela dei Diritti Umani al Senato – e dall’assessora alle Politiche Sociali del Comune di Roma Francesca Danese, entriamo in visita. «Il centro ospita 23 minorenni, per lo più vicini al compimento dei 18 anni, provenienti da Egitto, Bangladesh, Ghana, Gambia, Senegal e Albania. Si tratta di un centro di pronta accoglienza a bassa soglia – ci spiega Valentina Greco, operatrice sociale iscritta a Usb – Le persone che vengono da noi passano inizialmente in un centro di primissima accoglienza e poi, se riconosciute come minori, vengono indirizzate qui dopo aver esperito le pratiche di identificazione presso la Sala Operativa Sociale del Comune di Roma».

«Da noi ottengono un kit di generi di prima necessità – continua Greco – I pasti sono garantiti tramite un catering esterno (appaltato alla Unibar2 Srl) mentre per le colazioni e le merende provvediamo direttamente. Cerchiamo di assisterli, di seguirli, di stimolarli a scuola come nelle attività ludiche o nell’apprendimento dell’italiano. Dovrebbero restare al centro per pochi mesi ma poi finisce che ci rimangono fino al compimento dei 18 anni». «Sono invitati a non uscire dal centro prima delle 8 e a rientrare prima delle 20 – racconta l’operatrice – ma si rendono subito co che da parte nostra non c’è estrema rigidità, tuttavia se la notte non rientrano siamo obbligati a segnalare la loro assenza. Teoricamente dopo 24 ore risultano dimessi e perdono il posto acquisito ma, nei fatti, se si rivolgono alla polizia, in quanto minori, ricominciano l’iter e in breve tempo trovano posto in questo o negli altri centri della provincia». Del resto, questa tolleranza unita ad un rapporto molto personale con i minori, permette di evitare o almeno di limitare, quello che spesso accade in altri centri simili, ovvero la fuga continua degli ospiti. Salem ha aperto nel settembre 2014, «il 31 dicembre ci è scaduto il progetto ma abbiamo ottenuto una proroga. Una settimana prima avevamo occupato il Quinto Dipartimento del Comune (quello che si occupa di servizi sociali) e siamo riusciti a garantire il servizio fino a fine febbraio. Ora l’assessora ci ha detto che usciranno altri bandi e che il centro non chiuderà, ma i dubbi restano».

La scelta di portare allo scoperto la situazione del centro Salem nasce da più elementi: in primis il malfunzionamento della struttura, malgrado l’impegno degli operatori. Nonostante le temperature rigide, ad esempio, l’acqua calda arriva solo grazie a un piccolo scaldabagno e a dodici pannelli solari installati sulla costruzione. Spesso è insufficiente per lavarsi e addirittura, secondo alcuni addetti alla manutenzione, il suo utilizzo in fasce orarie diverse da quelle previste dal sistema  ritarda la possibilità di riscaldarla. Spiegarlo a dei ragazzi che ancora hanno un rapporto frammentario con la lingua italiana non è facile.

Non funziona nemmeno il riscaldamento. O meglio, ci sono dei termosifoni a metano che nei mesi precedenti hanno funzionato poco e adesso non funzionano del tutto. A cu ha provato a capire quali fossero le ragioni del disservizio sono state fornite solo risposte evasive e contraddittorie. La colpa non è certo degli operatori ma, forse, va ricercata in alcuni elementi che messi insieme rendono la gestione di questo, come di altri centri, estremamente difficoltosa. La prima criticità è nella modalità di gestione. Il sistema romano è finito sulle pagine di tutti i quotidiani con l’esplosione dell’inchiesta Mafia Capitale che ha portato a numerosi arresti, ma non si tratta semplicemente di una questione di malaffare. L’ente gestore di Salem è la Cooperativa Eriches 29, consorziata con la Cooperativa 29 giugno Onlus, quella salita alla ribalta della cronaca. Il personale è fornito invece dalla Cooperativa Sociale Abc (anche questa consorziata con la 29 giugno) e dalla Cooperativa Formula Sociale, che fa parte dello stesso consorzio.

Un sistema complesso che rischia, al di là delle intenzioni, di divenire opaco. La stessa assistente legale incontrata durante la visita racconta di essere stata per un periodo dipendente del settore amministrativo della 29 giugno e di essere stata convinta, in seguito, a rassegnare le dimissioni per un incarico temporaneo nel centro Salem. Qualora non venisse rinnovato il bando dovrebbe poter tornare alla sua precedente mansione.
E’ ancora Valentina Greco ad aiutarci a capire, attraverso la popria storia: «Io ho cominciato a lavorare in agosto, con una sostituzione per ferie, nella Cooperativa Terra Ferma. A fine mese sono stata assunta al centro Salem con un contratto di operatrice sociale (B1) della durata di un mese e mezzo, che poi mi è stato rinnovato. Prima lavoravo 24 ore a settimana, ora ne faccio 36 e a malapena riesco a portare a casa 1000 euro netti al mese». «Sono più fortunata di tanti precari, perché teoricamente ho pagate le ferie ed eventuali giorni di malattia, ma qui dentro siamo in tutto sei operatori e quasi ognuno di noi ha un contratto che prevede un numero diverso di ore. C’è chi lavora ne lavora 12 alla settimana – racconta – chi 24 e chi 30. Col risultato che, dovendo offrire assistenza 24 ore al giorno, c’è a malapena un operatore a turno per gestire 23 ragazzi. Io lo faccio perché ci credo ma è veramente dura».

Non è facile capire i diversi ruoli dei soggetti in campo e, quindi, le responsabilità. Intanto le tipologie di contratto: consorzi come questo – secondo a Roma solo alla Domus Caritatis – garantiscono lavoro ad oltre 1300 persone. Si va dall’assistenza ai senza fissa dimora, agli anziani, ai lavori di pulizia. Ognuno è inquadrato in condizioni diverse ed è quindi portato a non allearsi con i colleghi. «A noi non interessa cercare responsabili da mettere alla gogna – dicono dall’Usb – piuttosto di vedere risolti i problemi nostri e dei giovani che assistiamo». Quello che è inequivocabile è che meccanismi del genere non sono sottoposti ad alcun controllo, l’impegno di molti si mescola all’incompetenza di alcuni e alla corruzione di altri ma, finora, le autorità preposte non hanno mai tentato di intervenire su questo sistema.

Il servizio, dopo l’inchiesta Mafia Capitale, è stato commissariato ed è stato preso in carico dall’avvocato D’Amore – insieme al collega Bruno, che ha in mano l’intera situazione della 29 giugno – il quale spiega di aver trovato una situazione “da panico”. I conti delle cooperative erano bloccati, tant’è che gli stipendi di dicembre sono stati erogati a gennaio e che il materiale necessario per gli ospiti non è stato acquistato per mancanza di fondi. Le banche, che fino ad allora avevano concesso crediti, si sono tirate indietro.
A complicare la vicenda subentra anche il ruolo del soggetto giuridico che avrebbe la proprietà dello stabile. La struttura risulta appartenere ad Abc Sos (la cooperativa madre di Abc). La proprietà è stata ottenuta grazie a un intervento del Presidente dell’allora V Municipio, Ivano Caradonna, che lo aveva sottratto all’incuria e alle occupazioni e fatto destinare ad uso sociale. Negli anni gran parte degli appalti e dei lavori, oggi al centro di inchieste, sono stati appannaggio di Abc mentre Abc Sos si teneva unicamente le proprietà. Dopo gli arresti di dicembre la cooperativa ha nominato un nuovo Consiglio di Amministrazione e ha iniziato le manovre per uscire dal consorzio inquisito, ma è stata prima commissariata. A quel punto, per mantenere i bandi per l’assistenza domiciliare e per i centri di accoglienza, è tornata in attività Abc Sos.

Poche le prospettive di futuro per chi lavora e per chi è assistito. Il 23 febbraio gli operatori e gli ospiti dei diversi centri di accoglienza manifesteranno nel quartiere Esquilino per chiedere certezze e risposte: sono stanchi – dicono – di sentirsi accostati a profittatori, mafiosi e, nel caso dei migranti, di essere trattati da pacchi scomodi. Alcuni dei giovani di Salem qualche mese fa erano a Tor Sapienza e sono stati costretti a questo spostamento temporaneo, senza neanche capire bene perché. Prima di entrare in visita pensavamo di trovarli a scuola mentre, invece, gran parte di loro girovagava nelle stanze e nei corridoi della struttura scrutando giornalisti, telecamere e volti noti. Ci guardavano con un misto di tristezza e diffidenza mentre i responsabili del centro erano tesi per una visita che non riuscivano a controllare, dove le domande si affastellavano e confondevano. Temono, a ragione, l’ennesima caccia allo scoop attraverso cui parlare di corruzione e di inganni. Le stanze, per quanto ripulite per l’occasione, non irradiano spensieratezza e gioia. C’è soprattutto una forte sensazione di precarietà e viene da pensare che questi giovani, arrivati in Europa sognando un futuro sereno, avranno presto da imparare a convivere con questa condizione esistenziale.

Stefano Galieni