Detenzione amministrativa

Grecia, i Cie in dismissione

- 22 Febbraio 2015

Il centro di detenzione per immigrati di Amygdaleza (Grecia) situato nei pressi di Atene accanto a un’accademia di polizia, sarà svuotato entro cento giorni. È una delle prime decisioni prese dal governo di Alexis Tsipras che, già in campagna elettorale, considerava fra le priorità quella di cambiare legislazione e approccio in materia di immigrazione.
Il centro in questione è stato spesso criticato dalle organizzazioni che si occupano di diritti umani per il trattamento, definito “abominevole”, spesso riservato a rifugiati e migranti “irregolari”. Gli stessi organi di informazione ellenici hanno denunciato, inoltre, il fatto che gli agenti di polizia abbiano organizzato in alcune occasioni veri e propri squadroni per picchiare e torturare i detenuti.

Nel settembre del 2013 una delle più dure rivolte scoppiate nel centro (simile ai nostri CIE), che allora ospitava oltre 1600 persone comprese donne e bambini, portò all’arresto di circa 70 migranti, usciti poi quasi tutti assolti dal processo che si è celebrato a gennaio. Nei giorni scorsi, ad Amygdaleza, un cittadino pakistano di 28 anni si è suicidato perché non riusciva più a sopportare le condizioni di trattenimento. Alla sua morte è iniziato un generale sciopero della fame che ha probabilmente indotto il governo greco ad accelerare la realizzazione di misure già previste.

Amygdaleza resterà vuoto. Nell’Attica, in sostituzione, dovrebbero essere realizzati tre centri di accoglienza aperti e lontani dall’accademia di polizia. Altre misure sono state annunciate dai ministri dell’Immigrazione e della Protezione dei cittadini, Tasia Cristodoulopoulou e Yannis Pannousis.
Dovrebbero essere immediatamente rilasciati tutti i minori non accompagnati presenti nei centri (oltre 400) e, in generale, le persone considerate vulnerabili: donne in stato di gravidanza, anziani, malati, vittime di tortura, nuclei familiari, disabili, nonché tutti i richiedenti asilo. È stata poi abrogata una decisione ministeriale presa dal precedente governo che permetteva, tramite l’avvocatura dello Stato, di trattenere le persone anche per un periodo superiore ai 18 mesi, aspetto che risultava anche in aperto contrasto con le direttive europee. Il governo si è poi impegnato ad esaminare la possibilità di attuare misure alternative alla detenzione nei centri, quali ad esempio l’obbligo di firma in un commissariato o di dichiarare la propria residenza. Misure alternative che potrebbero essere estese a chi, senza documenti si trovasse a vivere in Grecia.

Una decisione che va in controtendenza rispetto a chi, nel resto dell’Europa, si pone il problema di blindare sempre più le frontiere e di esercitare maggiore repressione nei confronti dei migranti, ma tramite la quale si prende anche atto del sostanziale fallimento delle politiche di detenzione amministrativa prolungata. Il governo dovrà ora provvedere a trovare spazi alternativi per l’accoglienza, che attualmente non ci sono.
In Italia, la campagna LasciateCIEntrare /Mai più Cie ha plaudito, con un comunicato stampa, alla decisione di Atene che segna un importante atto di discontinuità nel nostro continente.