Africa

Thomas Sankara, la storia e il mito

Gabriella Grasso - 22 Febbraio 2015

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Un paio di anni fa l’associazione Amanda ha invitato diversi fumettisti a produrre delle tavole ispirate alla figura di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso salito al potere con un colpo di stato nel 1983 e ucciso nel 1987: una figura che sta diventando sempre più mitica, tanto da essere definito “il Che Guevara africano”. Ne è nata una mostra e poi un libro edito agli inizi del 2014 da Becco Giallo: Sostiene Sankara. Una bellissima testimonianza artistica cui partecipano 18 fumettisti, tra cui nomi importanti come Mauro Biani, Akab, Toni Bruno, Simone Lucciola, Kanjano. Un’interpretazione, attraverso le immagini, del pensiero di Sankara. Tra una tavola e l’altra, poi, sono riportati stralci dei suoi discorsi.

Ma perché parlare oggi di questo libro e, soprattutto, perché ricordare ancora Sankara? Perché negli ultimi mesi in Burkina Faso è successo più di quanto non fosse accaduto nei precedenti 27 anni.

L’ottobre scorso una sollevazione popolare ha costretto alle dimissioni il presidente Blaise Compaoré, inizialmente amico e compagno di lotta di Sankara, ma poi implicato (all’interno di un complotto internazionale in cui probabilmente agirono insieme la Francia e la Usa, sebbene manchi un’indagine ufficiale) nel suo omicidio. Compaoré prese il posto di Sankara, mantenendo il potere per 27 anni. Nell’ottobre del 2014, volendosi candidare per la quinta volta alla presidenza ha tentato di cambiare la costituzione, che poneva un limite alla sua rieleggibilità. Ma una rivolta popolare lo ha costretto a lasciare il potere e il Paese. Al momento c’è un governo di transizione: il presidente Michel Kafando e il primo ministro, il militare Yacouba Isaac Zida, hanno il compito di portare il Burkina Faso verso le prime elezioni “libere”, nel novembre del 2015.

«Quello che è successo qualche mese fa è stata una grande prova di coraggio da parte della popolazione che ha fatto esplodere un malcontento che durava da 27 anni», spiega Patrizia Donadello, del Comitato Sankara in Italia. «Molto è stato fatto dai giovani: nel 2013 due musicisti burkinabè, Sams’K Le Jah e Smokey, hanno fondato il movimento popolare Balai Citoyen che ha coinvolto i ragazzi in una presa di coscienza politica e ha avuto un ruolo in questa rivoluzione pacifica». Fanta Tiemtore, burkinabè che vive in Italia, fondatrice dell’associazione Mirage Burkina, condivide l’ottimismo: «Nel mio Paese oggi c’è un senso di speranza nel futuro. La filosofia di fondo è: chiunque si presenterà al potere, se non farà ciò che il popolo desidera, sarà mandato via».

È innegabile che sul Burkina Faso aleggi ancora l’ombra di Thomas Sankara. Ma chi era questo militare salito al potere a 33 anni e morto a 37, a cui moltissimi giovani (non solo burkinabé e non solo africani) guardano come a un modello? Il capitano Sankara era un rivoluzionario e aveva idee dirompenti: non solo dal punto di vista politico. Nel volume Sostiene Sankara, insieme alle tavole dei fumettisti ispirate al suo pensiero sono riportati alcuni suoi discorsi. Uno dei più famosi è quello sul debito, tenuto all’Oua (Organisation de l’Unité Africaine) ad Addis Abeba nel 1987, durante il quale espresse concetti come questo: «Quando diciamo che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale, la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la stessa morale degli altri. Tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale».

Colpisce anche la modernità delle sue parole in favore delle donne, pronunciate sempre nel 1987 (e riportate nel volume): «Compagne, voi avete subito un doppio dominio: quello dell’imperialismo e quello dell’uomo, la società vi ha imposto canoni estetici che pregiudicano la vostra integrità fisica. (…) Voi, in città, che siete considerate fortunate ma che in fondo siete tutti i giorni nell’angoscia perché, non appena alzate, davanti al guardaroba vi chiedete cosa indossare, non per vestirvi, per coprirvi, ma soprattutto per piacere agli uomini. Voi che al momento del pasto vivete la triste condizione di chi non ha diritto al pasto, di chi è obbligata a risparmiarlo, o a imporsi continenza o astinenza per mantenere quella linea che gli uomini desiderano».

Che Sankara sia ancora presente nei pensieri della sua gente lo conferma Fanta Tiemtore: «Il suo idealismo è diventato una filosofia. Il punto, però, è che se anche molti movimenti come Balai Citoyen si ispirano a lui, non è ancora emersa una figura con il suo carisma in grado di unirli tutti». Ma non c’è il rischio di trasformare Sankara in un mito a cui guardare acriticamente, al pari di Che Guevara a cui appunto viene paragonato? «Sì, ma è un rischio per i giovani, che non lo hanno conosciuto», risponde Tiemtore. «Il suo operato va contestualizzato e analizzato complessivamente: la rivoluzione è stata dura. Con lui il Paese ha vissuto momenti difficili, perché per ricostruire il Burkina Faso (“Il Paese degli uomini integri”, nome che lui stesso diede, sostituendolo a quello coloniale di Alto Volta, ndr) Sankara non ha usato mezze misure. Il suo impegno a favore dell’alfabetizzazione, contro il lavoro nero e quello minorile, la sua politica di incentivazione della produzione locale, sono stati fondamentali. Ma è anche vero che in quegli anni non c’era libertà, si viveva sotto coprifuoco e, soprattutto all’inizio, prima che lui andasse in giro per i villaggi e all’estero a divulgare il significato della rivoluzione, la gente non lo capiva. Sankara ha chiesto molto al suo popolo, ha fatto le cose con i tempi che lui riteneva giusti, senza trattative: non sono sicura che, se fosse rimasto al potere, la gente avrebbe continuato a seguirlo. Però, come diceva mio padre: “Sankara è stata la pillola amara che abbiamo dovuto ingoiare per risvegliarci”».

Non teme una mitizzazione della sua figura Patrizia Donadello: «Sankara è stato volutamente cancellato dalla storia, invece è un personaggio di grande rilevanza: per l’Africa e per il mondo. È stato un precursore delle idee altermondiste. Noi vogliamo ridargli il posto che gli spetta nella Storia: non farne un santo. Inoltre vorremmo aiutare il corso della giustizia, far aprire un’inchiesta sulla sua morte».

Nessuno può sapere quanto Sankara sarebbe riuscito a fare per l’Africa, se non l’avessero ucciso. Ma se è vero, come lui sosteneva, che «Non si possono uccidere le idee», allora è importante continuare a far vivere le sue. Anche attraverso l’arte, come avviene nel libro Sostiene Sankara. Resistendo però alla tentazione di farne un ennesimo santo laico.

Gabriella Grasso