Arte contemporanea

Olga Schigal, dietro casa un altro angolo

Stefania Ragusa - 22 Febbraio 2015
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Lucky Sweater, 2014

Quello che vedete qui a sinistra, colorato e coperto di neve, non è un maglione qualunque, magari dimenticato all’aperto in una giornata particolarmente fredda. Ha un nome proprio, Lucky Sweater, ed è un’opera d’arte. A idearla, Olga Schigal, 35 anni, nata nell’allora Urss da mamma tedesca, passata per la Germania alla caduta del Muro di Berlino e adesso trapiantata a Milano. Per realizzarla ha chiesto aiuto a una zia, abile sferruzzatrice e residente in Siberia. Le ha fatto recapitare più di tremila braccialetti portafortuna – quelli che gli ambulanti vendono e più spesso regalano per la strada – e lei li ha intrecciati e lavorati come fili di lana, creando un maglione portafortuna in grado di incarnare  una convinzione e una speranza: che la (buona) sorte possa essere senza frontiere, non avere distanze né nazionalità, lingua o differenze sociali.

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International O, 2014

Lo scorso 11 febbraio, Schigal ha inaugurato la sua personale Dietro Casa, un altro angolo, presso la sede dell’Associazione Italia Russia e, per l’occasione, ha indossato il suo Lucky Sweater. A Schigal piace mettere addosso le proprie sculture: nella foto che è stata scelta per pubblicizzare la mostra (qui a destra), ad esempio, è avvolta nella sciarpa International O, che propone in successione i colori delle bandiere dei suoi Paesi: Russia, Germania, Italia. «Mi sono accorta, a sciarpa fatta, di avere casualmente riprodotto anche i colori di Bulgaria e Spagna – dice – Paesi in cui non ho vissuto ma che comunque c’entrano con la mia storia». E con la sua vicenda personale c’entrano anche oggetti-simbolo, come la falce e il martello e la stella rossa che, al netto di ideologie ma decisamente intrisi di affetto e nostalgia, ispirano altre sue sculture.

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Still lifes, 2014

Dietro casa, un altro angolo (che potrà essere visitata fino all’11 marzo, ed è stata curata da Paola Boccaletti) è una mostra quantitativamente contenuta (una installazione e le immagini fotografiche relative a cinque opere) ma concettualmente intensa, che parla di appartenenza e identità, ma anche di forma e di contenuto, del tempo che passa e del cambiamento delle cose. Questi ultimi temi si ritrovano in particolare nell’installazione Still lifes, che occupa la biblioteca dell’associazione e che vede, accostata a vecchi libri e riviste, una successione di oggetti quotidiani (alimenti, utensili, lampade e… teschi) realizzati in gommalattice prevulcanizzata, una resina naturale assai versatile, che cambia colore e grado di tensione a seconda delle condizioni ambientali in cui si trova. «Ho lavorato molto sull’identità, perché è un tema che sento e mi riguarda profondamente, ma la mia ricerca artistica e le mie sperimentazioni vanno oltre. Questa installazione riunisce una molteplicità di forme, definite nei contorni ma vuote, simili a palloncini (un altro oggetto della memoria), soggette a una trasformazione graduale e inesorabile». Mette in scena dunque lo scorrere del tempo e la relazione dialettica  tra materia e forma. In fondo, si tratta ancora dell’identità ma da una prospettiva diversa rispetto a quella culturale e geografica.

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Oltre le terre fredde, installazione (2011).

Schigal è nata a Ischimbai e cresciuta in un piccolo villaggio siberiano e qui ha vissuto fino ai 17 anni. Nel 1987, infatti, si  è trasferita  in Germania e, nel 2002,  è stata ammessa all’Academy of Fine Arts di Münster dove, sotto la guida di Katharina Fritsch, (artista contemporanea poco nota in Italia, ma molto conosciuta all’estero) scopre e perfeziona le arti plastiche.  Sette anni dopo decide di stabilirsi a Milano. Nel 2010 ha vinto il Primo Premio di Arte Laguna, presso l’Arsenale di Venezia. Nel 2011 ha realizzato ed esposto l’installazione Oltre le terre fredde, alla Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano. Nel 2012 ha ricevuto il Primo Premio scultura Art Gallery, Campari, Milano. Ha partecipato a varie collettive.

Stefania Ragusa