Lombardia

Il Governo impugna la “legge anti moschee”

- 15 Marzo 2015

Il Consiglio dei Ministri ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la Legge n. 2/2015 della Regione Lombardia, passata alle cronache come legge “anti moschee”. Per il ricorso alla Consulta da parte del governo – nonché per l’immediata sospensione della legge – si erano mobilitate numerose realtà laiche e religiose: in primis ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e Avvocati Per Niente, che hanno presentato un’istanza congiunta insieme al CAIM (Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano Monza-Brianza), alla Fondazione Casa della Carità, al COEN (Conferenza Evangelica Nazionale), all’Unione Induista Milano e a quella Italiana, ai musulmani dell’associazione Cheikh Ahmadou Bamba di Brescia, alla Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni e alla Comunità di Sant’Egidio di Milano.

Sotto accusa – secondo le associazioni e gli enti coinvolti – l’utilizzo dello strumento urbanistico al fine di limitare la libertà di culto. Nella sua versione finale, il provvedimento vale per tutte le religioni, sia per quelle che hanno stipulato intese con lo Stato italiano sia per quelle che non lo hanno fatto – come ad esempio l’Islam – ma, in questo secondo caso, prevede per il via libera alla realizzazione di nuovi edifici sacri un ulteriore controllo da parte di una Consulta regionale.  “La legge – secondo ASGI – è incostituzionale in cinque punti: fa una differenza di trattamento tra confessioni religiose (in particolare tra quella cattolica e le altre), sottomette la “pratica di culto a procedimenti amministrativi discriminatori ed immotivatamente aggravati”, dà ai Comuni il potere di sindacare sulla natura religiosa delle associazioni, obbliga che i luoghi di culto siano distanti tra loro e “subordina la libertà di culto a generiche motivazioni attinenti alla sicurezza pubblica, in palese contrasto con la Costituzione e con i consolidati indirizzi della Corte Costituzionale”. La parola passa adesso alla Consulta, che dovrà valutare la conformità al dettato costituzionale del testo di legge approvato dal Pirellone.

Alla base dell’impugnativa, la violazione degli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione “per l’imposizione agli enti rappresentanti di organizzazioni religiose di una serie stringente di obblighi e requisiti che incidono sull’esercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile della libertà religiosa”; degli articoli 117 e 118, per l'”invasione” delle competenze esclusive dello Stato da parte della Regione, nonché per aver disciplinato “in contrasto con i principi contenuti nei trattati europei e internazionali”. Sulla decisione del governo si è espressa, tra gli altri, l’assessore regionale al Territorio e all’Urbanistica Viviana Beccalossi (Fratelli d’Italia), secondo la quale “nulla deve disturbare lo strisciante buonismo di chi vuole un’Italia senza regole e controlli e sempre più aperta a immigrati, profughi e clandestini. La nostra legge introduce criteri di buon senso e tiene conto di precisi vincoli urbanistici e di sicurezza”.