Arte contemporanea

Scommessa M-Wam

Stefania Ragusa - 16 Marzo 2015
Logo_M_WAM

Il logo di Milano World Arts Map

Un network per collegare tra loro gli artisti stranieri che fanno base a Milano e farli conoscere e reperire più facilmente da un potenziale pubblico. M-Wam (che sta per Milano World Arts Map) è una piattaforma che aspira ad essere tutto questo, sottolinenado la vocazione (o l’aspirazione?) cosmopolita della città dell’Expo. La presentazione è stata fatta lunedì scorso, in un luogo simbolo della creatività contemporanea: il PAC .

M-Wam riunisce, al momento, 15 artisti provenienti da quattro continenti: Mahmoud Saleh Mohammadi (Iran), Richard Gabriel (Filippine), Florencia Martinez (Argentina), Liana Ghukasyan (Armenia) , Pedro Fiol (Cuba), Shumey Matsuyama (Giappone), Tomoko Nagao (Giappone), Kikoko (Togo), Giovanni Manzoni Piazzalunga (Bolivia), Jelena Vasiljev (Serbia), Esther Fluckiger (Svizzera), Margot Beatriz Lopez Barriere (El Salvador), Betty Gilmore (Usa), Alfie Nze (Nigeria), Snjezana Rusmir (Bosnia).

Jelena Vasiljev_Essendo così i lupi_2002-2010_installazione Fabbrica del Vapore_Milano_2005

Essendo così i lupi. Installazione di Jelena Vasiljev, alla Fabbrica del Vapore di Milano Milano (2005).

Si tratta, in massima parte, di artisti visuali e plastici, ma ci sono anche musicisti, vocalist, attori. Alcuni sono radicati da tempo sul territorio e vantano un buon curriculum (per esempio, l’attore Alfie Nze o l’artista visuale Jelena Vasiljev), altri sono giovani appena usciti dall’Accademia di Brera. Insomma, il gruppo è eterogeneo da molti punti di vista. Questo rappresenta un elemento di interesse ma suscita, d’altra parte, più di una perplessità. Chiara Canali, curatrice d’arte indipendente che, insieme con Ana Pedroso Guerrero, si è impegnata nelle operazioni di scouting, spiega che l’elenco è in fieri e che, volutamente, è stata fatta una selezione a maglie larghe, pur in presenza di un singolare paletto: per partecipare, oltre a essere d’origine straniera, bisogna disporre di un atelier visitabile, che viene indicato sulla mappa on-line. Questo sembrerebbe tagliar fuori gli scrittori (che infatti sono assenti dal circuito), ma anche gli attori, i cantanti e i ballerini. Eppure la poetessa e cantante Betty Gilmore e il già citato Alfie Nze, pur in assenza di atelier, sono indicati come artisti M-Wam. Perché una poetessa sì e una scrittrice no?

Alfie Nze_Film_Devil comes to Koko_ 2013_foto Alvise Alessandro Crovato

Alfie Nze (a sinistra) sul set nel 2013. A destra, Rufin Doh (che non è artista M-Wam). Foto di Alvise Alessandro Crovato.

Colpiscono poi, almeno chi ha una certa consuetudine con l’arte chiamiamola migrante, certe vistose assenze. Come mai artisti del calibro di Rufin Doh (apprezzato attore ivoriano, lo vedete nella foto a sinistra accanto a Nze) o il bangladese Shafiqul Kabir Chandan, conosciuto per le sue sculture di stoffa, intrecciate con la tradizione eppure assolutamente moderne e contemporanee, per esempio, non fanno parte del circuito? Hanno rifiutato o non sono stati contattati? Ma ci sono anche altre domande: cos’hanno in comune una Gilmore e una Vasiljev oltre all’essere di origine straniera? E’ possibile che la selezione a maglie larghe, con l’accento posto sulla non italianità e sull’atelier, pur essendo inclusiva nelle intenzioni, finisca col tenere fuori dal circuito artisti assai interessanti ma poco propensi, per esempio, a prendere l’etichetta di “migrante” o a entrare in un contenitore tanto eterogeneo? Il risultato sarebbe quello di una rappresentazione distorta della scena artistica multiculturale milanese. D’altra parte è ancora presto per capire come evolverà la piattaforma. Siamo, a tutti gli effetti, di fronte a una scommessa. E a Chiara Canali, Ana Pedroso Guerrero e tutta la squadra, va riconosciuto il merito di averla lanciata. A noi, personalmente, non dispiacerebbe che, oltre a mettere in rete artisti e fruitori, essa servisse a incentivare una riflessione sul concetto di arte migrante e sui suoi limiti.

Stefania Ragusa