In questo numero

Carte e Karthoum

Stefania Ragusa - 24 Marzo 2015

A Palermo, la Consulta delle Culture ha approvato un documento sulla mobilità umana, che chiede l’abolizione del permesso di soggiorno e una radicale riforma della legge sulla cittadinanza (ce ne parla Marina Montuori in una breve). Sarebbe una buona notizia se non fosse che, di carte come questa, approvate magari in contesti suggestivi e carichi di storia e storie come Gorée o Lampedusa, negli ultimi anni se ne sono viste già tante: concepite con slancio ed entusiasmo, puntualmente finite nel nulla.
Noi ci auguriamo, ovviamente, che quella di Palermo abbia una sorte differente, ma intanto la domanda dobbiamo farla, a noi e a voi: perché questi progetti si perdono lungo il cammino? Se invece di moltiplicare iniziative e documenti, se invece di cedere alla tentazione dei protagonismi e di ricominciare ogni volta da capo, ci si fosse concentrati su un unico testo, su un unico percorso, non avremmo guadagnato in efficacia e autorevolezza?
La situazione oggi è la seguente: dal basso, da parte cioè delle tante persone comuni  interessate al discorso immigrazione e antirazzismo, si moltiplicano le proposte e si fanno richieste sensate (vedi la creazione di corridoi umanitari o  il superamento di Dublino, per consentire ai richiedenti asilo di trovare effettivamente asilo in Europa, e non la morte o nuovi tormenti); dall’alto, nei centri di potere dove si prendono le decisioni, tutto questo viene bellamente ignorato. Possiamo vederlo, per esempio, con il processo di Karthoum, di cui ci parla Francesca Materozzi in apertura. Questo accordo è stato siglato, non alla chetichella ma certo senza grossi proclami, lo scorso novembre, e introduce nella strategia di contenimento delle migrazioni degli elementi inquietanti: primo tra tutti  la disponibilità a interloquire e collaborare con i regimi da cui scappano buona parte dei profughi, regimi come quello dell’Eritrea, di cui ci parla Raffaele Masto, uno dei rari giornalisti italiani a capire realmente di Africa. Di corridoi umanitari e revisioni di Dublino neanche l’ombra.
Cosa ci dice tutto questo? Forse che anche per noi, che siamo in basso, è arrivato il momento di cambiare strategia e davvero, al di là degli slogan, imparare a stare uniti.

Questa settimana vi parliamo ovviamente di molte altre cose. Per esempio del Social Forum di Tunisi. Francesca Materozzi è appena partita e ci spiega perché era importante non mancare a questo appuntamento. Sergio Bontempelli ci racconta di uno sgombero torinese. Stefano Galieni tratteggia l’interessante  profilo di una rifugiata che è riuscita a trovare la propria strada. Marika Berizzi ha intervistato Grazia Naletto, presidente di Lunaria, associazione che ha appena lanciato Watchdog, un portale per monitorare le azioni e le omissioni reali della politica rispetto alle migrazioni. Daniele Barbieri ci propone la sua abituale scor-data. E la sottoscritta vi parla di una graphic novel che racconta una storia (vera) di corruzione e riciclaggio ambientata tra Europa e Nigeria.

Buona lettura!

Stefania Ragusa
direttore@corrieredellemigrazioni.it