Rom-anzi

Torino, sgombero bloccato

Sergio Bontempelli - 24 Marzo 2015

lungosturaÈ uno strano paese, l’Italia: l’unico, forse, in cui gli enti locali fanno progetti per «superare la logica degli sgomberi» e poi continuano a mandare le ruspe nei campi rom. E’ inoltre, se non proprio l’unico, il più pervicace – almeno in Europa – nel violare le norme internazionali sui diritti umani: soprattutto se quelle norme riguardano, per l’appunto, i rom e i sinti.

L’ultimo esempio viene da Torino: qui, il Comune ha promosso un programma di inserimento abitativo per le famiglie dei campi e, contemporaneamente, ha avviato un nuovo ciclo di sgomberi. Così, mentre decine di nuclei possono lasciare le loro baracche e entrare in vere e proprie case, per altre centinaia di persone è ricominciato l’incubo delle ruspe. Sembra un paradosso, eppure non è la prima volta che accade. Ma a questo punto sarà bene andare con ordine e vedere da vicino quel che è successo.

La Città Possibile
Dunque, si diceva, l’Amministrazione Comunale ha promosso, nel Dicembre 2013, un programma di «superamento dei campi» chiamato La Città Possibile. «Lo scopo del Progetto – si legge nella locandina di presentazione curata dagli enti gestori – è quello di realizzare percorsi efficaci di integrazione per circa 1300 persone di etnia rom». In pratica, gli interventi consistono nell’inserimento in alloggi, nell’aiuto per la ricerca di un lavoro, nella regolarizzazione delle pratiche di soggiorno e di residenza. Per i rom romeni che intendono tornare nel loro paese è previsto anche il rimpatrio assistito.

Fin qui, si tratta di un progetto ambizioso, che punta al superamento dei campi nomadi. Il programma, però, è rivolto a 1300 persone, mentre i rom sul territorio sono almeno il doppio: 2250 tra uomini, donne e bambini, secondo una rilevazione dell’Associazione 21 Luglio aggiornata al 2013, anno di inizio del progetto [si veda il dossier Figli dei Campi, pag. 30].

Beneficiari ed esclusi
Come sono stati selezionati, dunque, i beneficiari del progetto? Con quali criteri si è deciso di includere alcune famiglie per escluderne altre? Ma soprattutto: che fine fanno gli esclusi, quelli che non rientrano negli interventi di inserimento? Per la verità, le risposte date dal Comune a queste domande sono state sempre molto vaghe. E hanno suscitato le critiche degli osservatori più attenti: come Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 Luglio, che ha seguito sin dall’inizio tutta la vicenda.

Tra i criteri individuati da Palazzo Civico per selezionare i beneficiari c’è quello della legalità (sono stati esclusi i rom che hanno commesso reati gravi) e quello del censimento (usufruiscono degli interventi solo i nuclei censiti dagli uffici comunali prima dell’avvio del progetto). «Si tratta di criteri molto discutibili – ci spiega Stasolla – Se un rom ha compiuto un reato, di fatto viene condannata tutta la sua famiglia, minori compresi. Quanto al censimento, si rischia di escludere alcune persone in modo casuale, magari perché al momento della rilevazione non erano a Torino».

Ma il punto più delicato sta nella sorte degli esclusi: già, perché tutti coloro che non rientrano nel progetto sono di fatto consegnati ai «soliti» sgomberi. Lo dimostra proprio la recentissima vicenda del Lungo Stura Lazio.

Lungo Stura Lazio, ripartono gli sgomberi
Il campo di «Lungo Stura Lazio» è uno dei maggiori insediamenti di Torino. Qui vivevano qualche mese fa più di 120 famiglie, per un totale di 850 persone: con l’avvio del programma Le Città Possibili, molti nuclei hanno lasciato il campo e si sono visti assegnare delle vere e proprie case. Ma, appunto, restava da capire il destino degli «esclusi».

«La risposta del Comune è stata chiarissima – ci spiega ancora il Presidente dell’Associazione 21 Luglio – tutte le famiglie non beneficiarie devono essere sgomberate, allontanate senza alternative: devono andarsene e basta». Gli sgomberi sono iniziati già nel mese di Febbraio, ma l’allontanamento definitivo era previsto entro il 31 Marzo. «La demolizione dei campi – si accalora Stasolla – è illegale se non vengono proposte delle alternative. Questi sgomberi sono una macchia indelebile, una luce oscura sull’intera azione del Comune di Torino».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’eurodeputata Barbara Spinelli, che ha inviato una lettera al Prefetto di Torino: gli sgomberi, si legge nella missiva, non possono avvenire se non è rispettato «il diritto a un alloggio dignitoso per tutti».

La decisione della Corte Europea
Di fronte all’imminente sgombero, però, alcune famiglie hanno deciso di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la quale – è notizia di queste ore – ha deciso di sospendere la demolizione del campo. A seguire il ricorso è Gianluca Vitale, avvocato torinese e dirigente dell’Asgi (l’Associazione di Studi Giuridici sull’Immigrazione), che abbiamo raggiunto per telefono. «È presto per cantare vittoria – spiega – la Corte non è entrata nel merito, cioè non ha detto se lo sgombero è legittimo o meno. Si è limitata a concedere una sospensione in attesa di chiarimenti».

Eppure, a vederlo dall’esterno, si tratta di un risultato in qualche modo storico: perché, se la memoria non ci inganna, è la prima volta che una corte internazionale interviene per bloccare uno sgombero (di solito, le sentenze venivano pronunciate ex post, a demolizione avvenuta). «Sicuramente è una buona premessa – spiega ancora Vitale – Nella nostra memoria difensiva abbiamo spiegato che lo sgombero viola il diritto alla vita privata e familiare, e comunque deve essere eseguito garantendo una qualche sistemazione alle persone coinvolte. Cosa che non è avvenuta nel caso di Lungo Stura Lazio. Vedremo come si pronuncerà la Corte nel merito».

Uomini e topi
Finché si parla del ricorso alla Corte Europea, Vitale ha una voce pacata, argomenta con calma, soppesa attentamente le parole. Poi però il discorso cade sulle polemiche cittadine che, inevitabilmente, hanno accompagnato le notizie degli ultimi giorni: qui, l’avvocato perde la sua flemma «sabauda» e non nasconde la sua rabbia.

«È stato detto che lo sgombero è necessario, perché gli esseri umani non possono vivere in mezzo ai topi – si accalora Vitale – e su questo siamo d’accordo: nessuno deve vivere in mezzo ai topi. Ma se sgomberi una famiglia e non garantisci delle alternative, dove andranno a vivere queste persone?».

La domanda è retorica e, infatti, Vitale ha già la risposta pronta: «è evidente che andranno a vivere sempre in mezzo ai topi, ma da un’altra parte, magari lontano dai nostri occhi…a me pare che questo sia uno sgombero Nimby, come dicono gli inglesi: voglio dire, c’è qualcuno che vuole i rom “Nimby”, cioè “Not In My BackYard”, non nel mio cortile di casa…questo mi pare il problema vero».

Sergio Bontempelli