Giurisprudenza

Espulsioni, informare è un obbligo

- 6 Aprile 2015

La storia è quella di un cittadino nigeriano sbarcato nel febbraio del 2014, verso cui era stato disposto un decreto di respingimento dal Questore di Siracusa. Soccorso in mare da una imbarcazione della Marina italiana, si era ritrovato in pochi giorni, senza neanche conoscerne le ragioni, nel Cie di Ponte Galeria (Roma) in quanto privo di documenti di riconoscimento e entrato irregolarmente sul territorio nazionale. In tempi molto rapidi il giudice di pace di Roma aveva convalidato il trattenimento, quindi per lui si apriva inevitabilmente la strada del rimpatrio coattivo. A.I., però, è riuscito a presentare ricorso e a portare la sua storia fino alla Corte di Cassazione Civile, che ha ribaltato le decisioni.

La sezione sesta, con l’ordinanza n. 5926 del 25 Marzo 2015, ha stabilito in sintesi che il respingimento è da considerarsi illegittimo se l’immigrato non è stato adeguatamente informato della possibilità di chiedere protezione internazionale. «La Suprema Corte accoglie il ricorso confermando che, sebbene nel nostro ordinamento non esista un obbligo formale a provvedere, tale necessità è ricavabile in via interpretativa dal combinato disposto di normativa nazionale ed europea in materia migratoria (nella specie, direttiva 2013/32/UE del 26 Giugno 2013)». «Il Giudice di pace, perciò,- secondo l’ordinanza – avrebbe dovuto darsi carico di verificare la fondatezza della censura (cui si fa cenno nel sintetico verbale dell’udienza di convalida) d’illegittimità del decreto di respingimento per non essere stato il ricorrente informato sulla possibilità di presentare una domanda di protezione internazionale, e avrebbe dovuto verificarne, per quanto possibile, la fondatezza e comunque statuire su di essa. Di una tale verifica o statuizione, invece, non vi è traccia nel provvedimento impugnato, che va pertanto cassato senza rinvio essendo spirato il termine perentorio previsto dall’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, cit., per la convalida del trattenimento». Un errore che è costato caro anche in termini economici: l’ordinanza ha infatti disposto che l’amministrazione che ha agito illegittimamente sia condannata al pagamento delle spese processuali per complessivi 2700 euro, oltre alle spese forfettarie. Alla fine, bastava fornire in tempo le giuste informazioni. Si tratta di una decisione che potrebbe fare giurisprudenza e garantire a chi sbarca un trattamento più adeguato.