LasciateCIEntrare

Cie, Commissione parlamentare al via

- 12 Aprile 2015

La campagna LasciateCIEntrare e le tante associazioni che ne fanno parte e che da anni si occupano del tema dei centri per migranti accoglie con estremo interesse l’inizio dei lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sui CIE, CARA e sulle condizioni di accoglienza di migranti e richiedenti asilo, che si è riunita ieri per approvarne il regolamento.

«Ci auguriamo  -scrivono i suoi esponenti – che i suoi lavori vadano nella direzione che da anni la campagna denuncia con forza, ovvero quello della verifica di quanto avviene all’interno di questi centri da un punto di vista del rispetto dei diritti umani e dei trattati internazionali, così come quello della regolarità nell’assegnazione degli appalti alle centinaia di cooperative ed enti, spesso in affidamento diretto e senza bandi pubblici. Senza dubbio con pochissimi o scarsi controlli sui servizi offerti».  Parlano di :«business dell’immigrazione, opaco e spesso inefficiente, illegale e strumentale a chi usa i temi dell’emigrazione per creare insenso politico. Un sistema prosperato anche grazie  alla logica del “regime emergenziale” in base al quale si sfugge anche ad ogni controllo». «Certamente – affermano – la riduzione a 3 mesi dei termini massimi di trattenimento nei Cie ha prodotto alcuni miglioramenti. Ma il monitoraggio dei centri e le visite e le relazioni, prodotte da “osservatori” indipendenti, saranno a disposizione della Commissione, per una analisi e una mappatura capillare che a tutt’oggi sembra non avere neanche il Ministero dell’Interno. Il lavoro svolto e che svolgerà la campagna è a disposizione di chiunque voglia approfondire la situazione dei centri, con particolare attenzione al lavoro che le associazioni locali svolgono da anni, spesso lasciate sole a rispondere alle tante denunce che provengono dai migranti stessi».

Due le situazioni critiche monitorate ultimamente dagli attivisti della Campagna: lo scorso 8 aprile nel Cie e nel Cara di Bari, dove è stata  effettuata una prima visita anche nella Tendopoli autorizzata dal Comune che “ospita” 180 rifugiati. Nel Cie erano presenti 76  migranti, circa 1500 al CARA di Bari, tra i quali un cittadino siriano “residente” nel centro dal 2013 e un migrante in regime di “detenzione ai domiciliari”.

«Apporteremo qualche miglioramento, intanto però rientrate nel centro». È quanto si sono sentiti rispondere i 3 richiedenti asilo che sono stati ricevuti alla Prefettura di Catanzaro dopo giorni di richieste, in rappresentanza dei 250 che stanno protestando da giorni. Protestano contro il trattamento che subiscono nel Cas di Lamezia Terme, dove in 250 si ritrovano a dover provvedere in maniera artigianale per l’acqua calda, dove stanno lavorando da mesi (gratis o con regolare contratto ? sarebbe interessante saperlo) per il Comune, dove aspettano da almeno un anno di poter incontrare e farsi ascoltare dalla commissione territoriale incaricata di valutare le domande di asilo, dove c’è un solo avvocato per tutti.  Fra i temi posti in risalto come problema urgente da risolvere, non solo a Lamezia ma in tutta la penisola, secondo la Campagna quello dei tempi di attesa per l’esame delle commissioni che superano abbondantemente l’anno, in cui l’esito, anche per chi proviene da aree di guerra, è spesso negativo. Solo dopo un ricorso si riesce ad ottenere la protezione internazionale che impedisce di essere considerati “irregolari” e rimpatriati, ma che rimane una misura temporanea. Di fatto le commissioni che dovevano essere aumentate, già dalla scorsa  estate,  non sono in molti casi formate o insediate e il lavoro nel frattempo si accumula. LasciateCIEentrare chiede, alla luce di questi fatti, sia che vengano rispettati i tempi per le audizioni dei richiedenti asilo sia che si attui un severo controllo di ognuna delle strutture adibite all’ospitalità dei cittadini stranieri.
«Continueremo a denunciare ai mezzi di informazione – concludono nella nota – tutte le inadempienze che, come esponenti della società civile, ci troveremo ad incontrare perché partiamo dal presupposto che il nostro Paese non solo debba rispettare le Convenzioni Internazionali che ha ratificato ma sia in grado, attraverso una gestione attenta, di garantire a tutti, a partire proprio dai soggetti più vulnerabili, la dovuta assistenza».