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Domandare è lecito

Stefania Ragusa - 30 Maggio 2015

Qualche giorno fa mi ha telefonato una persona che conosco per chiedermi un’informazione.«C’è una signora brasiliana qui con me che lavora a tempo pieno da un vecchietto ma non ha il permesso di soggiorno. Cosa possiamo fare per metterla in regola?». Niente, rispondo. «Non hai capito», insiste la persona. «La signora lavora, la-vo-ra. Capisci? E il vecchietto è pronto ad assumerla». Mi dispiace, ma non si può fare niente lo stesso. «Ma non ha senso!».
Sono d’accordo. Non ha senso. Ma è così. Sono parecchi anni ormai che la famigerata legge Bossi-Fini è in vigore. Una legge che funziona male, ha dei costi altissimi in tutti i sensi, ma che nessuno cambia. Una legge che in teoria lega il permesso di soggiorno al lavoro, ma poi non permette a chi ha un lavoro di regolarizzarsi. Perché ce la teniamo? A chi giova?
In attesa di risposte, possiamo notare però che uno spiraglio c’è, e alcuni recenti fatti di cronaca lo hanno messo in luce. Nel nostro Paese l’immigrato senza permesso può “svoltare” se compie un gesto eroico. Per esempio se si butta in acqua per salvare qualcuno che stia rischiando di affogare. In pochi giorni si sono contati due episodi come questi: salvataggio riuscito e permesso di soggiorno. E da essi, dall’epifania del “clandestino buono” ha preso spunto Stefano Galieni per scrivere una riflessione agrodolce, che parte proprio dalla Bossi-Fini e può essere sintetizzata così: in tempi di regolarizzazioni impossibili, è consigliabile imparare a nuotare.

Anche l’apertura di questa settimana ha a che fare con una domanda (Cosa succede davvero nei nostri CPSA?) ma non ha nulla, invece, di agrodolce.  Abbiamo raccolto la testimonianza (e ve la proponiamo in video) di un gruppo di profughi siriani che lamenta di essere stato picchiato e maltrattato al Centro di Primo Soccorso e Assistenza di Pozzallo, in provincia di Ragusa. A scatenare la reazione delle forze dell’ordine contro di loro, sarebbe stato il rifiuto di farsi prendere le impronte. Questa testimonianza arriva a pochi da un esposto e da un’interrogazione europarlamentare riguardo proprio a maltrattamenti presunti che gli ospiti di quel  CPSA avrebbero subìto in altre occasioni.

Otto milioni di euro. Tanto ha speso il comune di Roma per rom e sinti nel 2014. Ma questo vero e proprio fiume di denaro non ha nemmeno lambito i destinatari ufficiali. Sergio Bontempelli si chiede dove siano finiti i soldi. Leggete cosa ha scoperto.

Questa settimana la Place Leopold, antistante  la sede del Parlamento Europeo a Bruxelles, si è trasformata  in un grande palcoscenico e ha ospitato una performance di Teatro Reportage, orientata a raccontare i conflitti che lacerano buona parte del globo  e le loro  conseguenze anche sul versante per così dire “pacificato”.  Stefano Galieni era lì, ha partecipato allo spettacolo e ce ne parla.

La scor-data di questa settimana è l’8 giugno 1913: quel giorno muore Emily Wilding Davison, “suffragista” inglese, impegnata nella battaglia per il riconoscimento dei diritti civili delle donne. Aveva tentato di fermare, per protesta, il cavallo del re durante un derby.

Per finire, tre pezzi su altrettanti libri: Martina Zanchi ha intervistato Marco Omizzolo (che tra le tante cose è anche un collaboratore prezioso della nostra testata) , co curatore di Migranti e territori. Lavoro, diritti e accoglienza (Ediesse), un testo che unisce la precisione accademica dei dati con la scorrevolezza e l’empatia del racconto; Gabriella Grasso ha sentito Delphine Coulin, autrice del romanzo Samba pour la France da cui stato tratto un  film che sta spopolando in Francia e che è stato accolto molto bene anche in Italia. Infine, un estratto dal libro di Daniele Biella Nawal. L’angelo dei profughi (Edizioni Paoline). Per la cronaca, Nawal Soufi è l’attivista marocchina a cui accennano i profughi siriani intervistati in apertura.

Buona lettura e continuate a seguirci!

Stefania Ragusa
direttore@corrieredellemigrazioni.it