Testimonianze

«Essere di Lampedusa è un privilegio»

Patrizia Comitardi - 11 Giugno 2015
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Giusi Nicolini con Patrizia Comitardi, che ha scritto per noi

A Limidi di Soliera, provincia di Modena,  c’è stato un incontro intitolato “CON-FINE MEDITERRANEO Punto di approdo o partenza?”, e ospite della serata (con il giornalista Massimiliano Perna e Adil El Marouaki, del centro interculturale MondoInsieme) era il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, che ha risposto così alle domande della moderatrice, Elisabetta Vandelli, presidente dell’associazione IntegriaMO.
Cosa vuol dire oggi essere sindaco di Lampedusa?
«Privilegio e grande responsabilità. La responsabilità di giocarsi tutta la bellezza e le opportunità di Lampedusa, che stanno nella sua posizione geografica: un luogo “microbo” a metà fra due continenti, che è sotto ogni punto di vista, un po’ Africa e un po’ Europa. La responsabilità di fare in modo che i morti di Lampedusa entrino prepotentemente nelle coscienze degli italiani nell’unico modo in cui questo è oggi purtroppo possibile: “esistendo” in forza di un passaggio televisivo, come è avvenuto per le bare del tragico naufragio del 3 ottobre 2013. Il privilegio è presto detto: noi lampedusani  li vediamo arrivare con i nostri occhi i migranti che scendono dai barconi con le loro povere cose, sentiamo i loro racconti, impariamo dove, quando e perchè c’è la guerra, vediamo le donne incinte che perdono il bambino anche a otto mesi per gli stenti del viaggio e le violenze subite. Lo capiamo subito, a dispetto di tanta disinformazione, che non portano l’ebola, perchè quelli che arrivano qui sono l’esito di una selezione naturale e, a parte qualche problema legato alla fatica e ai disagi del viaggio, sono i più sani e i più robusti. Dunque, non abbiamo avuto bisogno di un salto culturale per capire che non vengono qui per approfittare di noi e farsi una vacanza a spese nostre. “Penso che qui qualunque altro italiano capirebbe”».
Quali i modi di accoglienza che ancora non ci sono?
«Bombardare è solo populismo propagandistico! Occorrerebbe comprendere che i problemi di oggi sono il frutto delle politiche sin qui attuate. Bisogna cambiare l’attuale sistema di accoglienza, che sarebbe più onesto definire di detenzione… Il recente piano Ue per l’immigrazione, pur con molti limiti, rappresenta una svolta, perchè per la prima volta l’Europa comincia a dire che ciò che accade nel Mediterraneo è anche cosa europea! Ma al di là di questo, sarebbe prioritario cancellare la Bossi-Fini, chiudere i CIE, investire le risorse nei territori, vigilando che non vadano in pasto alla Mafia Capitale di turno. E avere la volontà di assicurare alla giustizia i trafficanti di esseri umani di cui i migranti stessi conoscono spesso nomi e cognomi. Soprattutto, alla base di ogni azione dovrebbe esserci la convinzione che rispettare i diritti di tutte le persone ha per conseguenza che siano rispettati anche quelli degli Italiani».

Chi scrive era lì, a sentire, Giusi Nicolini.  Mi sono ritrovata davanti una fotografia dell’Italia che fa male. Un’Italia staccata dalla realtà, che non vede, non sente, non parla e se parla, disinforma, più che chiarire. Un’Italia smemorata, che non ricorda quando in tanti siamo partiti per cercare un futuro migliore, che non sa riconoscere nei volti di chi oggi fugge dal fanatismo dell’Isis quelli che poco più di settant’anni fa fuggivano dal nazifascismo. Un’Italia che non riesce a vedere la somiglianza tra i nostri sfollati, che cercavano rifugio fuori dalle città, e coloro che oggi tentano disperatamente di sottrarre la propria famiglia ai bombardamenti.
Che paese siamo diventati? Sì, perchè che Italia è – si domanda Giusi Nicolini – quella in cui il soccorso, la solidarietà hanno bisogno di essere premiati come atteggiamenti fuori dall’ordinario?  Quante targhe a Lampedusa e ai lampedusani… Che paese è quello in cui non “esisti”, se non sei dentro a una bara e non compari in televisione?
Non capiamo quello che sta accadendo. Non vediamo che c’è un futuro che non si può fermare, che non si può continuare a subire, e che si dovrebbe invece imparare a governare come un’opportunità. Siamo appiccicati ai talk-show, ma siamo sconnessi dalla realtà. Ha detto  bene il sindaco di Soliera, Roberto Solomita: «In una società che deraglia, è un dovere mantenere la barra diritta».
Già, ciascuno faccia la sua parte. Ma intanto, a questo incontro, perchè non si è visto nessun giornalista? Possiamo lasciare che i media continuino per lo più a condizionare l’opinione pubblica, fornendo del fenomeno migratorio una visione distorta e stigmatizzante, scaricandovi tutte le frustrazioni della nostra società? Così nella gente aumenta la paura. Ma paura di cosa?
«Noi lampedusani siamo privilegiati – ha detto Nicolini – perchè vedendo i migranti, abbiamo capito che non dobbiamo difenderci da niente. Loro chiedono solo aiuto. Ma forse è questo che ci fa paura..».
L’immagine dell’Italia di oggi è piuttosto tetra e fastidiosa.
Eppure, quando ho sentito il sindaco parlare dell’incanto della schiusa delle tartarughe marine, delle berte che nidificano a Linosa a due passi dalle vite che affondano nel Mediterraneo e di come sia stato naturale, doveroso, per lei passare dall’impegno ambientalista alla difesa dei diritti dei migranti, mi sono detta che là dove la vita si difende sul serio, uno vale mille e dà speranza a tutti.