Sport & Inclusione

Palermo, un calcio ai pregiudizi

Amalia Chiovaro - 11 Giugno 2015

calcetto_imgDenis e Matteo  non si conoscevano. E quando per la prima volta si son trovati negli spogliatoi, non è stato amore a prima vista. Uno vive al campo della Favorita di Palermo, l’altro nel centro storico della città. Con il tempo, però, hanno scoperto di avere più cose in comune di quanto potessero immaginare: sono entrambi palermitani,  Rom, e amano giocare a calcio, ma soprattutto vincere.

Quella che stiamo per raccontarvi è un’esperienza messa “in campo” nella città di Palermo, e dimostra che parlare di sport come strumento di inclusione sociale non è un semplice slogan.
Il progetto, pensato per i ragazzi della comunità Rom, si chiama Tutti in campo: un calcio ai pregiudizi. È stato ideato da Manuela Casamento, dell’associazione “Idea Rom Palermo”, e realizzato grazie ai fondi dell’Otto per Mille della chiesa Valdese, che da sempre appoggia temi come l’inclusione sociale, l’antirazzismo e la solidarietà.

L’idea è nata proprio dal desiderio di alcuni ragazzi di avere una propria squadra e così, dallo scorso gennaio, Suady, Simone, Armando, Denis, Matteo, Burkan, Ganija e Ibra fanno parte della Gladiator, una squadra di calcio a 5, più riserve. Sono ragazzi di età compresa tra i 12 ai 15 anni, molti di loro vivono nel campo della Favorita, altri nel centro storico: proprio questo, all’inizio, ha generato diffidenze e rivalità, eliminate del tutto dopo alcuni incontri preliminari agli allenamenti. Durante questi momenti si è sottolineato quanto sia importante fare gioco di squadra e lavorare per un unico scopo, senza mai dimenticare il rispetto delle regole e dell’altro. Obiettivi subito raggiunti.

Si allenano ormai da diversi mesi e hanno già partecipato a qualche torneo, ottenendo ottimi risultati. Con i fondi del progetto, inoltre, sono stati acquistati completini, scarpe, palloni e tutto l’occorrente per giocare. Ognuno di loro, poi, ha potuto scegliere il nome e il numero da far stampare sulla maglietta. Lo staff tecnico è tutto al femminile: c’è l’arbitro federale Claudia Noto, ci sono Corina Nicoara e Manuela Casamento, e poi Giulia Veca, che si occupa della parte logistica.

Questo progetto, dunque, non ha solo una valenza educativa: vuole soprattutto garantire, anche a chi vive in situazioni di marginalità e difficoltà, il diritto al gioco sancito dalla Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Il bilancio ad oggi è positivo: si è creato un gruppo coeso che non vede l’ora che arrivino gli allenamenti e le partite per correre e scaricare tutte le tensioni con cui devono fare già i conti, nonostante la giovane età.

Le attività termineranno a luglio, ma nuovi propositi sono in fermento. La prossima avventura sarà la partecipazione al Mediterraneo Antirazzista, una manifestazione sportiva, artistica e culturale, anch’essa nata a Palermo, arrivata alla sua ottava edizione. Vanessa Romano, una delle responsabili della manifestazione, prova a fare un bilancio di questa esperienza: «Negli anni il Mediterraneo Antirazzista è diventato un grande contenitore, un filo conduttore tra le diverse realtà attive sul territorio palermitano e nazionale, che quotidianamente condividono pratiche ed obiettivi. L’intento non è solo quello di promuovere ideali antirazzisti, ma di dare voce anche a quelle esperienze e a quelle attività che difficilmente trovano spazio, soprattutto in contesti urbani colpiti da processi di esclusione sociale e di discriminazione».

«Questi processi – prosegue Vanessa Romano – riguardano tanto gli immigrati quanto i cittadini italiani. È proprio qui, nei cosiddetti “quartieri ghetto”, dove molto spesso l’intervento delle istituzioni è insufficiente rispetto alle esigenze delle comunità locali, che si sono sperimentate e realizzate esperienze dal basso, volte al recupero degli spazi pubblici urbani, il più delle volte abbandonati. Sicuramente un aspetto rilevante del Mediterraneo Antirazzista è la rete nazionale che si è venuta a creare in questi anni e che ha permesso di esportare questa pratica in altre città». «L’edizione 2015 – conclude Vanessa Romano – è cresciuta ancora di più, e alle consuete tappe fuori Palermo si sono aggiunte Milano, Catania e Lampedusa. In particolare, riteniamo che la tappa nell’isola di Lampedusa sia stata per noi un grande traguardo, che ci ha permesso di raccontare un’isola, e i suoi abitanti, in maniera diversa da come vengono raccontati  dai media. Un’isola che rifiuta di diventare l’avamposto militare della fortezza europea e che vuole riprendere in mano la sua identità di luogo che vive di pesca e di turismo, stanca di essere definita come luogo d’emergenza».

Amalia Chiovaro