Le nuove modalità di partenza

L.M. - 5 Gennaio 2011
Dakar-clandò
La rubrica di Chiara Barison

DAKAR. Era da tempo che non andavo verso Golf, zona periferica a cavallo tra Cité Fadia e Geudawaye. E’ qui che abitano alcuni dei miei amici, tra cui Pape. Pape è un ragazzotto di quasi trent’anni, difficile conoscere la reale età di qualcuno qui in Senegal, dove in tanti, spesso e volentieri, cambiano la data di nascita nei documenti a seconda delle necessità. Pape fa quello che in tanti qui fanno per sopravvivere, il commercio.

Sì, ma non immaginatevi il commercio come lo intendiamo noi europei, inquadrato in regole fisse, no, un commercio inventato, alla giornata. Per chi non ha fondi a sufficienza per aprire un negozio infatti, non resta che usare l’ingegno e pregare nella fortuna di incontrare i buoni clienti a cui poter spillare qualche mille CFA in più, rispetto al prezzo normale. Il meccanismo è semplice, andare nei mercati principali di Dakar come Sandaga o gli HLM e comprare merce, tessuti, vestiti, scarpe da rivendere poi negli altri quartieri, a commercianti di negozi di periferia o clienti al dettaglio. Un lavoro faticoso che però assicura il minimo indispensabile per vivere. In Senegal tutti sono commercianti o, almeno, tutti hanno in famiglia uno o più membri che si dedicano a quest’attività, nella modalità sopra descritta. Spesso a farlo sono le mogli di migranti partiti in cerca di fortuna in Europa. Da qui, questi ultimi organizzano container riempiti con ogni tipo di merce, vestiti, profumi, scarpe, prodotti per il corpo che verranno poi venduti a prezzo maggiorato di casa in casa, di boutique in boutique. Un business fiorente e che spinge la maggior parte dei giovani a voler lasciare il paese. I tempi sono cambiati, l’epoca dell’El Dorado europeo è sulla via del tramonto. Tutti sono ormai coscienti delle difficoltà che i migranti senegalesi incontrato una volta arrivati in Europa, spesso in condizione di clandestinità. Il motore che scatena le partenze massive dei giovani è la ricerca di documenti che possa garantire la possibilità di spostamento tra il Senegal e i paesi europei, tracciato reticolare su cui tessere i propri tragitti transnazionali di commercio. Una famiglia che avrà uno o più componenti con dei documenti europei, avrà la possibilità di sviluppare proprio quella forma di commercio di cui parlavo sopra e che darà da lavorare e da vivere a molte altre persone all’interno della stessa famiglia. Una specie di piccola impresa familiare. Anche Pape vuole partire ‘là bas’ (laggiù), poco importa dove, ma ‘là bas’. ‘Un tizio mi ha chiesto 1500 euro’ mi confida ‘è uno che ha già fatto partire un sacco di gente’. ‘Traffica con quelli delle ambasciate?’ gli chiedo con la speranza che si confidi. ‘No’ risponde, poi continua ‘I visti turistici costano di più, si arriva a pagare anche 6.000 euro per un visto di due settimane in Italia’. ‘Come funziona?’ gli chiedo. ‘Basta conoscere il tramite senegalese giusto e versargli metà della somma richiesta. Una volta arrivato a destinazione gli rimetterai il resto poco per volta. I soldi saranno divisi tra lui e chi lavora in ambasciata. Sarà lui ad accordarti un visto turistico. Poco più di un anno fa hanno arrestato un tizio italiano che vendeva visti in ambasciata’. Pape ha detto il vero. L’ambasciata italiana era stata coinvolta in un brutto affare di traffico di visti turistici, peccato che certe notizie da noi non facciano mai rumore. ‘E nel tuo caso allora di che si tratta?’ continuo a investigare. ‘La persona di cui ti parlo è un senegalese che ha contatti diretti con la polizia che lavora in aeroporto’ si ferma per un istante, poi riprende ‘chi vuole partire lo paga, lui, a sua volta, redistribuisce parte dei soldi alla polizia o a chi predisposto in aeroporto di controllare i documenti e questi, a loro volta, ti faranno passare, nonostante i documenti non in regola’. ‘Ci sono tante persone che sono partite così?’ chiedo curiosa. ‘Sì, tante, anche se rischi di essere rispedito a casa una volta arrivato in Europa. La cosa importante è avere dei documenti che in Europa possano essere credibili. Io per esempio ho il permesso di soggiorno italiano di mio zio, ci assomigliamo tantissimo’ mi dice allungandomi il telefonino con la foto ‘è morto in un incidente ma la sua morte non è mai stata dichiarata e io voglio partire con i suoi documenti’. ‘Sei davvero sicuro?’ gli domando. ‘Chiara, conosci Sandaga e sai come funziona il mio ‘business’, compro e rivendo, alle volte posso guadagnare 1000 CFA (1 euro e 50) al giorno, a volte niente, a volte 200.000 CFA (all’incirca 300 euro). Voglio solo riuscire a viaggiare per andare in Francia, Italia, Turchia, Marocco a comprare delle merce da rivendere qui’. Pape parla ma è la maggior parte dei giovani maschi senegalesi che parlano con lui. La mancanza di garanzia di lavori precari spinge le persone a credere che questa garanzia possa essere data da un viaggio. E nella foga di trovare il mezzo per partire, vengono dilapidate somme che potrebbero invece essere un piccolo fondo da cui partire per investire in una piccola attività sul posto. ‘E il tipo che ti ha detto? Riuscirà a farti partire?’ domando. Pape ride. ‘Gli ho anticipato 1000 euro, poi ha cominciato a negarsi. Ho scoperto dopo che aveva debiti arretrati con alcuni poliziotti. Ha pagato il credito con i miei ed è scappato nel suo villaggio natale nel Nord del paese. Mi ha chiamato dicendomi che ha delle mucche e non appena riuscirà a venderle mi ridarà i miei soldi’ poi aggiunge ‘è tutto nel suo interesse perché se quando lo rivedrò non lo farà, lo ammazzerò’. Pape tocca un tasto dolente, il business dei visti o, più in generale, il traffico di clandestini è uno dei più redditizzi anche qui, dove ingegnosi malfattori lucrano sulle speranze di giovani spesso ingenui. In tanti si sono improvvisati intermediari e in tanti sono fuggiti con i piccoli, grandi investimenti familiari, riposti in un viaggio della fortuna. ‘Adesso con 500 euro si può riuscire a partire anche in un altro modo’ continua Pape ‘ed è quello che voglio tentare. Tu paghi qualcuno che ti fa passare per un marinaio in una delle tante navi attraccate in porto. Una volta arrivato in Spagna, scappi’. Pape parla e sorride. Nei suoi occhi la speranza e l’idea di un’impresa apparentemente facile. Si vede che Pape non ha mai lasciato il paese e che non ha idea di come e cosa sia l’Europa di oggi. Parla seduto nel muretto di fronte a casa, un enorme edificio bianco costruito in pochi anni dallo zio emigrato in Italia. Guardo le mie scarpe insabbiate e guardo Pape. In fondo mi ricorda me dieci anni fa, quando sognavo di scappare dal piccolo paesello della campagna padovana dove il caso aveva voluto che mi ritrovassi a vivere. All’epoca avevo preso un aereo con direzione Londra, tappa obbligata di tutti gli adolescenti ribelli. Deve allora stupirci così tanto che Pape, Cheikh, Mamadou, Bamba e tutti gli altri giovani senegalesi vogliano viaggiare, scoprire, migliorarsi? Siamo rimasti noi statici e immobili all’interno dei nostri confini? Agiremmo forse noi diversamente se ci fosse impedito di lasciare l’Italia?