I diavoli di via Padova

L.M. - 28 Febbraio 2011

“Forse devo abituarmi ad essere di nuovo in una comunità nella quale però non sono entrato io, è lei che in un decennio si è annidata intorno a me”.

Via dei Transiti, angolo via Padova, Milano. E’ da queste strade che inizia e finisce il racconto di questo libro; uno spaccato di un’Italia diversa dove i reietti non sono i napoletani di Scampia o i palermitani di Brancaccio, bensì gente proveniente da ogni angolo di mondo; ognuno con le proprie storie, le proprie fughe, le speranze che li hanno spinti a cambiare vita.

Ecuador, Egitto, Cina, Romania, Marocco, Tunisia, Argentina. Tutti insieme appassionatamente, verrebbe da dire. Ma la convivenza non è facile neanche tra gli immigrati stessi, e si creano piuttosto tanti piccoli ghetti racchiusi in un ghetto più grande, in questo caso la via Padova.

Tes, la voce narrante, è proprio qui che vive: in via dei Transiti, che con via Pasteur e via Temperanza forma il “negrodromo”. Conosce bene la zona, lui; l’ ha vista passare da zona di tranvieri a meta dei migranti meridionali, passando per le turbolenze degli anni ’70– il Leoncavallo, l’Autonomia, il Casoretto – e finendo poi nel piccolo villaggio globale in miniatura che è oggi. Si adatta Tes. Ma neanche può fare altrimenti: di andare via, di raggiungere anche solo la piazza Loreto che è lì a due passi, non ne ha per niente voglia. Passa le sue giornate tra i vari bar sotto casa; birra e Kebab a colazione, chiacchierata con l’agente immobiliare Adri che si ubriaca tra una pausa e l’altra, con qualche conoscente spacciatore, con i gestori dei locali, con la cassiera del supermercato di fronte. Le sirene della polizia sono una costante; vuoi per qualche retata anticlandestino vuoi per qualche rissa in cui, quando ci scappa il morto, è sempre seguita da una rivolta. Tes è depresso. Ogni suo desiderio è bloccato dalla paura di impazzire di nuovo, di ritrovarsi in una clinica con le allucinazioni di un tempo. Smuoverlo è difficile. E intanto il fiume Padova scorre. Con la sua violenza, i suoi colori. Con i suoi accenti, le sue lingue diverse in ogni locale. Lui è lì ad osservare, niente rifugge dal suo sguardo. Fino a quando qualcosa di inaspettato giunge finalmente a dargli una scossa.

Luigi Riccio