Brescia, condannato il Comune leghista

L.M. - 12 Aprile 2012
Condannato il Comune di Chiari per discriminazione nei confronti degli immigrati. L’ordinanza del sindaco leghista Mazzatorta imponeva agli stranieri che intendessero sposarsi di presentare il permesso o la carta di soggiorno. Secondo la Cgil, un’ordinanza simile è operante anche a Brescia.
Il giudice del tribunale di Brescia Cesare Massetti ha oggi condannato il Comune di Chiari per avere adottato un’ordinanza dalla chiara «natura discriminatoria». La decisione del giudice accoglie così il ricorso presentato dalla Fondazione Guido Piccini e dall’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) assistite dagli avvocati Guariso e Zucca, con il sostegno della Camera del Lavoro di Brescia.
L’ordinanza incriminata è quella del 26 settembre scorso, nella quale il Comune guidato dall’onorevole leghista Sandro Mazzatorta – disattendendo una sentenza della Corte Costituzionale della scorsa estate con la quale veniva dichiarata incostituzionale una apposita previsione del Pacchetto Sicurezza – imponeva agli stranieri che volessero contrarre matrimonio l’obbligo di presentare il permesso di soggiorno o la carta di soggiorno in corso di validità.
Tutto questo non è possibile. Il giudice ha infatti sottolineato che «la natura discriminatoria del provvedimento è piuttosto eclatante» e si è richiamato, a sostegno della decisione, alla citata sentenza della Corte Costituzionale n.245 del 2011. Una sentenza nella quale, ricordiamo, tra le altre cose si afferma che «il matrimonio costituisce espressione della libertà e dell’autonomia della persona, ed il diritto di contrarre liberamente matrimonio è oggetto della tutela di cui agli artt. 2, 3 e 29 Cost., in quanto rientra nei diritti inviolabili dell’uomo, caratterizzati dall’universalità. Inoltre, l’art. 31 Cost., nel sancire che la Repubblica agevola la formazione della famiglia, “esclude la legittimità di limitazioni di qualsiasi tipo alla libertà matrimoniale”». Da qui la decisione del giudice di accogliere il ricorso e la condanna al Comune di Chiari a pubblicare il testo della sentenza in forma integrale sul quotidiano nazionale “La Repubblica” e a ripagare «le spese di lite», calcolate in 4mila euro complessivi.
«Per quanto ci riguarda – afferma il segretario della Cgil Brescia Damiano Galletti – continueremo a contrastare ordinanze e delibere discriminatorie dei Comuni ». Vale per Chiari e vale anche per il Comune di Brescia, che da un po’ di tempo ha avviato una campagna sui matrimoni simile a quello dell’amministrazione guidata da Mazzatorta, come dimostra l’episodio avvenuto la scorsa settimana in città (il fermo di una ragazza moldava in procinto di sposarsi) e il tipo di documentazione che viene richiesto agli immigrati che hanno intenzione di sposarsi (a riguardo, si consulti il sito internet del Comune di Brescia). In tal senso, le associazioni ricorrenti nei prossimi giorni invieranno al Comune di Brescia una diffida a modificare immediatamente la prassi adottata e le indicazioni contenute nel sito.
«Sono oramai quattro anni, dalla vicenda del bonus bebé a Brescia, che presentiamo e vinciamo ricorsi contro provvedimenti ideologici dei Comuni amministrati dal centro destra e dalla Lega Nord – ricorda Galletti – Messi assieme, sono diverse centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico che alcuni amministratori locali hanno deciso di sperperare per sostenere le loro campagne ideologiche. Certo, viste le cronache degli ultimi giorni e l’uso privato di denaro pubblico fatto da alcuni esponenti di forze politiche, potremmo dire che questo oramai non stupisce più, ma la gravità resta comunque».
Cgil Brescia