Emergenza migranti e democrazia traballante. Intervista al direttore di MsF Italia

L.M. - 25 Maggio 2012

Amnesty International bacchetta l’Italia per i respingimenti, i rapporti con la Libia e le discriminazioni nei confronti dei rom. Open Society Foundation, la fondazione di George Soros impegnata a difendere e promuovere la democrazia nel mondo, da qualche anno ha inserito l’Italia nell’elenco dei Paesi di cui occuparsi. E due ong impegnate nelle zone calde del mondo, come Emergency e Medici senza Frontiere*, da tempo ormai hanno delle postazioni nel nostro Paese. Cosa succede in Italia? Ne abbiamo parlato con Konstantinos Moschochoritis, direttore generale di Medici Senza Frontiere, in occasione della presentazione milanese del rapporto MsF sulle crisi dimenticate.

Da qualche anno  MSF ha cominciato a intervenire concretamente anche sul territorio italiano, a sostegno dei migranti e dedicando vari studi alle loro condizioni nelle campagne meridionali e nei Cie. Adesso arriva questa analisi dettagliata e scoraggiante sul modo in cui le tv italiane hanno trattato la cosiddetta emergenza Lampedusa. L’Italia è ancora un Paese democratico? 

L’incapacità da parte dell’Italia di gestire le conseguenze della Primavera Araba sul suo territorio è stata evidente a tutti. Lavorare sulla problematica della migrazione per noi è un atto dovuto, anche perché in molti casi si tratta delle stesse popolazioni che curiamo nei paesi di origine. Non abbiamo ruolo politico nè vogliamo sostituirci allo Stato nelle sue responsabilità. La nostra mission ci porta però a intervenire laddove si verifichi un’emergenza medico-sanitaria, a prescindere dalla collocazione geografica e politica del Paese. Oggi lavoriamo, infatti, anche in altri paesi europei, in Grecia, Francia, Spagna, sempre nell’ambito dell’accoglienza dei migranti. Evidentemente a questo livello un problema c’è».
Cosa ha trovato più sorprendente nella parte dedicata all’Italia del vostro rapporto sulle crisi dimenticate? 
In primo luogo, la scelta delle fonti. Noi abbiamo rilevato che la maggior parte delle informazioni e della notizie provenivano dai professionisti della politica (65% dei casi, ndr). I migranti sono stati intepellati appena nel 14 per cento dei casi. E poi il ricorso continuo a metafore belliche ed espressioni volte a richiamare il senso di emergenza, tragedia, ineluttabilità. Tsunami umano, esodo biblico, catastrofe, tanto per fare alcuni esempi. Questo modo di raccontare le notizie non aiuta di certo a capire. Crea piuttosto un senso di paura, di imminente attacco e assedio permanente.
In che modo negli altri Paesi europei vengono trattate le notizie sull’immigrazione? 
Non ho gli elementi per rispondere. Nel rapporto noi abbiamo analizzato solo un caso particolare, il differente modo di parlare delle conseguenze della Primavera Araba e abbiamo notato che Inghilterra, Spagna, Francia hanno dato poco spazio a queste notizie o ne hanno parlato solo nella misura in cui si sentivano direttamente coinvolte. Questo non può stupire, data la tendenza dell’Unione Europea a esternalizzare la gestione dei flussi umanitari ai Paesi confinanti, anche a quelli di certo non rispettosi dei diritti umani.
Come la Libia… 
Questo è un caso molto eloquente: la Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra e i suoi campi di detenzione per i migranti erano finanziati anche con soldi italiani e dell’Unione Europea. Con la caduta di Gheddafi certe notizie sono divenute ufficiali, ma in quali condizioni si trovassero a vivere i migranti era già noto. L’atteggiamento dell’Europa è stato ipocrita: da una parte entrava in guerra per proteggere i civili, dall’altra chiudeva le frontiere per chi fuggiva.
Amnesty International ha recentemente criticato l’Italia per la mancanza di trasparenza nei nuovi accordi stipulati lo scorso aprile tra Italia e Libia. Non è dato sapere cosa prevedano. Voi cosa ne pensate?
Che in una democrazia i cittadini dovrebbero conoscere il contenuto di atti come questi. Purtroppo questa prassi, la mancanza di trasparenza, è più diffusa di quello che si immagina. Anche l’Unione Europea spesso non conosce il contenuto dei trattati firmati dai singoli Paesi.
Stefania Ragusa, Luigi Riccio


Nella foto: Konstantinos Moschochoritis


*MSF ha iniziato a fornire assistenza medica e supporto mentale in Italia a migranti, rifugiati e richiedenti asilo nel 1999, in risposta alla crisi del Kosovo. Nel corso di questi anni, MSF ha assistito i migranti che lavorano come stagionali nell’agricoltura e effettuato visite regolari all’interno dei centri di accoglienza per verificarne le condizioni. Dal 2002 al 2009 MSF ha lavorato a Lampedusa e in Sicilia, entrambi punti di approdo dei migranti. Nel febbraio 2011, MSF è intervenuta per garantire il triage medico dei pazienti nel porto di Lampedusa e per seguire il loro stato di salute nei centri di accoglienza dell’isola. Soltanto da febbraio a maggio, le équipe dell’organizzazione hanno effettuato oltre 1.300 visite mediche e ha distribuito 4.500 kit igienico-sanitari e lenzuola e ha prestato assistenza a 17.000 migranti sbarcati (più di 500 donne e più di 300 bambini). Nel 2011 un’équipe di MSF è stata presente all’interno del Centro per richiedenti asilo di Mineo (Catania) per un progetto di assistenza psicologica.