Politiche sui rom

A passo di lumaca

- 14 Luglio 2013

Bambina rom

L’Italia si è dotata di una “strategia nazionale di inclusione”, ma i problemi e gli sgomberi rimangono. Se n’è parlato a Cecina.

C’era un volta l’emergenza nomadi. C’era un volta l’allarme sicurezza, con il suo inevitabile contorno di allontanamenti, espulsioni, ordinanze comunali variamente creative. C’erano una volta i Sindaci-sceriffi, nemici giurati di rom e sinti e promotori degli sgomberi nei “campi nomadi”.

Davvero tutto ciò si può declinare al passato? Davvero si può dire «c’era una volta», sottintendendo che «oggi non c’è più»? Di questo si è discusso venerdì scorso nella cornice del Meeting Internazionale Antirazzista di Cecina, organizzato ogni estate dall’Arci e giunto quest’anno alla diciannovesima edizione.

C’era una volta l’emergenza nomadi, dicevamo. Con un decreto del Maggio 2008, l’allora Governo Berlusconi dichiarò lo stato di emergenza «in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia». Come se i rom e i sinti – i cosiddetti “nomadi” – fossero una calamità naturale, da cui difendersi come ci si difende da un terremoto, da un’inondazione, da un incendio…

Ecco, l’emergenza nomadi è davvero consegnata al passato: si può dire, dunque, «c’era una volta», come nelle fiabe. Alla fine del 2011, infatti, il Consiglio di Stato – accogliendo il ricorso dell’Errc, il Centro Europeo per i Diritti dei Rom – aveva dichiarato illegittimi i decreti del Governo Berlusconi; nel frattempo la Commissione Europea aveva invitato tutti gli Stati Membri ad elaborare proprie “strategie nazionali per l’inclusione delle popolazioni rom”. Che è un po’ come dire «smettete di fare sgomberi, smettete di costruire campi-ghetto, e avviate politiche di inserimento sociale»…

Bacchettato dalla magistratura italiana, ripreso per le orecchie dall’Unione Europea, il Governo non aveva mollato l’osso: in gran segreto, il 15 febbraio 2012, l’esecutivo guidato da Mario Monti aveva presentato ricorso contro la decisione del Consiglio di Stato. Se avesse vinto quel ricorso, l’emergenza nomadi sarebbe ancora in vigore…

Il gesto del nuovo premier aveva mandato su tutte le furie numerose associazioni che si battono per i diritti umani, visto che proprio Monti era apparso, almeno su questi temi, più aperto del suo predecessore.

In ogni caso, lo “scivolone” dell’allora Presidente del Consiglio non ha prodotto risultati apprezzabili. Nel maggio 2013, infatti, è arrivata la sentenza della Corte di Cassazione, che ha confermato la pronuncia del Consiglio di Stato e che ha dunque eliminato – stavolta definitivamente – l’emergenza nomadi.

La “strategia nazionale di inclusione” c’è…

La cosiddetta “strategia nazionale di inclusione” è in vigore da più di un anno. Si articola in quattro assi di intervento (istruzione, lavoro, salute e casa), e definisce alcuni obiettivi: favorire la frequenza e il successo scolastico dei ragazzi rom e sinti; promuovere l’inserimento lavorativo e la regolarizzazione del lavoro irregolare o precario delle comunità rom; garantire il pieno accesso ai servizi sociali e sanitari sul territorio; superare i campi nomadi e le “logiche emergenziali”, per avviare politiche abitative a livello locale e nazionale.

A che punto siamo con l’attuazione di questo programma così ambizioso? Pietro Vulpiani dell’Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali (Unar) è ottimista: «Certo, i problemi sono tantissimi, e siamo solo all’inizio di un percorso», spiega all’attenta platea del Meeting Antirazzista, «ma possiamo dire che l’Italia è più avanti di tanti altri paesi».

In effetti, pochi giorni fa la Commissione Europea ha proposto un primo bilancio dello stato di avanzamento delle varie “strategie nazionali”, e a quanto pare l’Italia (una volta tanto) non è il “fanalino di coda” dell’Unione. «La Commissione», spiega Vulpiani, «ha rilevato che in molti Stati non ci sono ancora i tavoli di lavoro con la società civile, che rappresentano il primo passo nell’attuazione delle strategie nazionali. Il nostro paese, da questo punto di vista, ha fatto il suo dovere».

… ma i problemi rimangono

Tutto bene, dunque? È finita la stagione della segregazione contro i rom e i sinti? Niente affatto. Anzitutto, il bilancio della Commissione Europea non è proprio positivo su tutti i fronti. Basta leggere la tabellina riassuntiva pubblicata su internet per accorgersene: nella casella “paesi che hanno promosso misure contro le discriminazioni a livello locale”, per esempio, l’Italia non compare. Vuol dire che il nostro paese ha fatto poco o nulla per “tirare le orecchie” a Sindaci e autorità locali…

E a Cecina si sono fatte sentire molte voci critiche. Prima tra tutte quella di Barbara Beneforti, animatrice del Centro Anti-Discriminazione della Provincia di Pistoia, che ha scelto di raccontare delle storie: come quella della signora nata in Montenegro, ma arrivata in Italia in tenera età, che oggi non è considerata né italiana né montenegrina. «Ha vissuto qui per decenni, ha fatto figli nati e cresciuti a Pistoia», spiega Beneforti, «ma non si è mai registrata al suo paese… così oggi non è considerata cittadina di nessuno Stato, non può avere né passaporto né permesso di soggiorno, ma non può nemmeno tornare in Montenegro». Tecnicamente dovrebbe trattarsi di un’apolide (cioè, appunto, di una persona priva di nazionalità, che per questo ha diritto ad uno speciale permesso di soggiorno), ma – spiega ancora Beneforti – «ottenere l’apolidia in Italia è quasi impossibile. E i rom che vivono in queste condizioni sono tanti».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Emilio Santoro, docente di materie giuridiche all’Università di Firenze: «Leggi sull’immigrazione restrittive e proibizioniste, spesso anche irragionevoli e incoerenti, hanno consegnato i migranti a una sorta di discriminazione permanente: i rom e i sinti ne hanno sofferto più di altri».

La Toscana, terra di contraddizioni

Ospitato in una città costiera della Toscana, l’incontro non poteva non soffermarsi anche sulle politiche varate in questa Regione. Che a quanto pare hanno pienamente recepito lo spirito della “strategia nazionale”: «Sono già partiti i tavoli di lavoro», ha spiegato l’assessore Allocca, che segue queste tematiche per conto del governatore Enrico Rossi, «e stiamo avviando sperimentazioni soprattutto sulla questione abitativa, che riteniamo l’asse prioritario nelle nostre zone».

Qui come altrove, in effetti, la marginalità dei rom e dei sinti si misura dallo stato di segregazione residenziale in cui sono costretti a vivere: tra “campi attrezzati” e “insediamenti abusivi” soggetti a sgomberi, la situazione non sembra poi molto diversa da quella nazionale. «E in tempi di crisi», ha aggiunto l’assessore, «non abbiamo molte risorse da mettere in campo, quindi è molto difficile attuare una politica efficace».

Qualche sperimentazione sta comunque partendo. A San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, un piccolo finanziamento regionale consentirà ad alcune famiglie rom di ristrutturare col proprio lavoro un immobile privato: in cambio, il proprietario darà quell’alloggio alle stesse famiglie a un canone di affitto agevolato. A Pistoia, il campo nomadi cittadino sarà trasformato in un piccolo villaggio fatto di vere e proprie case, autocostruito dai rom. «Si tratta di piccoli esperimenti, finalizzati a superare le fallimentari politiche dei campi e degli sgomberi», spiegano Nicola Solimano e Sabrina Tosi Cambini della Fondazione Michelucci (lo storico istituto di ricerca che da anni si occupa di questi temi).

Ma anche in Toscana le cose procedono in modo tutt’altro che lineare. Perché mentre la Regione si sforza di attuare la “strategia”, non tutti i Comuni sembrano andare nella stessa direzione. A Pisa, per esempio, il dibattito locale si infiamma per il caso della “Bigattiera”, il campo dove il Sindaco ha tagliato l’acqua corrente e la luce, e dove due anni fa è stato eliminato anche il servizio di scuolabus per i bambini. Un paio di settimane fa, un appello firmato da 250 personalità cittadine (tra cui l’allenatore della squadra di calcio) ha chiesto l’immediato ripristino dei servizi tagliati. Il Comune, finora, non ha risposto, e i segnali dati dall’amministrazione sembrano contrastanti. La strada per l’inclusione dei rom e dei sinti, in Toscana come altrove, è ancora lunga…

Sergio Bontempelli