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E la nave (madre) va…

- 23 Settembre 2013

Come e chi gestisce gli sbarchi in Sicilia. Un’inchiesta comincia a far luce su questo traffico criminale.

Un viaggio lungo dieci giorni, dalle coste della Siria a quelle della Sicilia. Rannicchiati il più possibile, schiacciati gli uni sugli altri: «Non potevamo nemmeno stendere le gambe». Una ragazza fa scorrere le istantanee del viaggio sullo schermo del cellulare: bambini rannicchiati in braccio alle mamme, uomini e ragazzini addossati al parapetto per lasciare i posti più sicuri ai più deboli. Volti stanchi, segnati dal malessere delle onde e qualche timido sorriso di speranza. Omar, 30enne di Damasco, è arrivato al porto di Siracusa lo scorso 11 settembre assieme ad altri 200 migranti siriani di origine palestinese. «Siamo partiti dalla Siria in nave – spiega Omar – abbiamo cambiato tre-quattro volte l’imbarcazione su cui viaggiavamo. Stavamo strettissimi, era quasi impossibile muoversi». La dinamica viene confermata anche da altri gruppi di profughi che si trovavano a bordo del medesimo barcone, ma che erano partiti da località differenti (ad esempio dall’Egitto).
Il gruppo era stato soccorso in mare dalle motovedette della Guardia costiera e dalla Guardia di finanza subito dopo il trasbordo dalla “nave madre” (un’imbarcazione lunga trenta metri) a un peschereccio più piccolo, con cui i profughi avrebbero percorso le ultime miglia che li separavano dalle coste siciliane. Il successivo intervento di un pattugliatore romeno impiegato nella missione Frontex ha portato al fermo della “nave madre” e all’arresto di 15 persone. Secondo gli inquirenti siciliani, guidati dal procuratore di Catania, Giovanni Salvi, si tratta degli stessi uomini coinvolti nel tragico sbarco del 10 agosto alla Plaja di Catania, in cui morirono sei persone.
A gestire il traffico – secondo gli uomini del Gruppo interforze contrasto immigrazione clandestina – ci sarebbe un’organizzazione con sede in Egitto. Il prezzo per il viaggio è di circa 3.000-3.500 dollari per ogni adulto, mille per i bambini. I siriani, che hanno maggiori disponibilità economiche e pagano “cash” al momento dell’imbarco, sono i clienti migliori per chi gestisce i flussi di traffico. La disponibilità di denaro e il fatto che non possono essere respinti – come avviene per gli egiziani – li rende particolarmente appetibili per gli scafisti: sono un investimento sicuro. Si parte da Alessandria o dalle coste turche per un rendez-vous in mezzo al mare (meglio se in acque internazionali) dove effettuare il trasbordo sulla “nave madre”.
Si tratta di navi imponenti, lunghe trenta o quaranta metri, solide e costruite in ferro. Navi costose (circa 500 mila euro) e difficili da trovare sul mercato: per l’associazione che gestisce il traffico perderle significa perdere il capitale “della ditta”. Molto meglio sacrificare vecchi pescherecci nella fase finale del viaggio. E poco importa che affondino o che vengano semplicemente intercettati dalla Guardia costiera italiana. Quel che maggiormente preccupa gli uomini del Gruppo interforze è che queste navi sono in grado di affrontare il mare anche quando è mosso o in condizioni meteo non ottimali. La stagione degli sbarchi, che in questa estate ha visto l’arrivo di circa 9 mila persone solo sulle coste del siracusano, potrebbe dunque non essersi ancora conclusa.

Ilaria Sesana