Razzismo "colto"

Giovanni Sartori, la senilità non c’entra

Carlo Trombino - 9 Dicembre 2013

89f15-goya-el_sueno_de_la_razonIl 3 dicembre Giovanni Sartori ha scritto un editoriale contro i migranti che è stato pubblicato in prima pagina sul Corriere della Sera. Se la prende con lo ius soli, coi migranti e coi politici che non criminalizzano chi vuole arrivare in Europa. Molti i commenti critici su internet, come al solito. L’errore di questi commenti è di pensare che Sartori sia “un vecchio rincoglionito” che con l’età se ne esce con questi articoli odiosi e discriminanti. Niente di più sbagliato. Sartori è lucidissimo e queste cose le ha sempre pensate. Non è la vecchiaia. Negli anni ’50 Sartori era uno studioso trentenne già conosciuto e apprezzato nell’ambito delle scienze politiche italiane. Nel 1958 Sartori fu chiamato a collaborare al volume collettivo, curato dall’insigne semiologo Fausto Rossi-Landi, intitolato Il pensiero americano ieri e oggi. All’epoca, pensate, Giovanni Sartori era favorevole alla segregazione razziale americana, favorevole a bagni e bus separati, favorevole alla disuguaglianza dei diritti umani, civili e politici fra bianchi e neri. Una effettiva parità avrebbe portato gli Stati Uniti a diventare un paese sudamericano con tutto ciò che ne consegue. Ecco le parole testuali del giovane ma già insigne Sartori: «Un americano non contesterà certo che predicare l’eguaglianza e praticare poi la segregazione non sia una contraddizione, ma in fondo al suo animo gli appare una contraddizione veniale, e non capitale. Eguaglianza sì, ma nei limiti del possibile, e non qualora questa eguaglianza possa mettere in gioco le sorti della nazione, avviandola per la china dei popoli sudamericani. L’antitesi stessa sfuma perché è formulata in termini possibilistici. L’ideale della parità dei diritti tra bianchi e neri è portato e mantenuto sino a quel limite oltre il quale la fede nell’ideale porterebbe a misconoscere e a sottovalutare la realtà delle conseguenze…». Quindi non c’è contraddizione tra lo sbandierare l’ideale dell’uguaglianza e l’impedire la parità dei diritti fra bianchi e neri americani: un peccatuccio veniale, roba da poco. Queste dichiarazioni dimostrano non è l’età a far parlare Sartori nei termini che ormai abbiamo imparato a conoscere: lui è sempre stato razzista, ha sempre pensato che ci fossero popoli superiori in grado di comandare e popoli inferiori che hanno bisogno di essere governati dai bianchi. La vecchiaia non c’entra affatto. Il simpatico toscanaccio, l’insigne studioso di livello internazionale, il nonnetto burbero ma adorabile, l’antiberlusconiano dall’eloquio forbito, tutto ciò non è in contraddizione con una visione del mondo razzista e intollerante verso gli stranieri. Sartori è quello che accetta come posizione legittima perfino la xenofobia: ecco testualmente il suo pensiero in proposito: «Io dirò, più pacatamente, che chi non gradisce lo straniero che sente estraneo è uno ´xenofobo’, mentre chi lo gradisce è uno ´xenofilo’. E che non c’è intrinsecamente niente di male in nessuna delle due reazioni». Non c’è niente di male a essere xenofobi. Questo è Giovanni Sartori. Sartori è stato amico e ammiratore di Oriana Fallaci, autrice della più esplosiva campagna razzista degli ultimi decenni in questo paese. E chi pubblicava (e pubblica ancora) libri, saggi e articoli razzisti della Fallaci? Il Corriere della Sera di Ferruccio de Bortoli, naturalmente, lo stesso che dà spazio in prima pagina a Sartori.

Carlo Trombino