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Nel continente nero

Stefano Galieni - 16 Dicembre 2013

11.12.23-skins130509apa2-300x178Il comune denominatore delle destre europee? «L’avversione alla società multiculturale e multietnica. Questi gruppi non vogliono accettare la trasformazione dell’Europa». Ma ciascuna “famiglia” «declina tale avversione in maniera specifica, individuando un proprio identificato nemico: i rom, gli ebrei, gli islamici, gli omosessuali, in base al contesto territoriale». Saverio Ferrari, studioso e militante, dal 1999 dirige l’Osservatorio democratico sulle nuove destre.

Recentemente ha pubblicato I denti del drago, Storia dell’Internazionale nera fra mito e realtà (Bfs edizioni), un libro che analizza il mondo dell’estrema destra europea. In questi giorni in cui un inquietante caos serpeggia anche in Italia, prova a fare il punto anche rispetto al contesto continentale chiarendone, oltre ai punti di contatto, specificità e differenze. Che sono legate anche alle diverse tradizioni. Si passa dall’ipernazionalismo francese del Front National di Marine Le Pen, all’Unione Democratica di Centro, in Svizzera, così isolazionista da considerare una ingerenza anche la presenza dell’Onu. «In quest’ultimo filone si potrebbe inserire anche la Lega Nord e, con maggiori ragioni, anche altri movimenti indipendentisti europei», sottolinea Ferrari. Ci sono poi le destre populiste del Nord Europa che da una parte sono per la difesa dei diritti civili, ma solo per gli autoctoni. «Il Partij voor de Vrijheid, olandese di GeertWilders, ne è un esempio. Un programma aperto che convive senza contraddizioni con l’islamofobia assoluta – puntualizza Ferrari – I partiti della destra scandinava non sono da meno. Difendono lo stato sociale ma solo per gli autoctoni».

Ma ci sono anche i nazisti veri e propri. «Si tratta del risorgere di antiche tradizioni che cominciano a ottenere un certo peso. Basti pensare al partito ungherese Jobbik che, formalmente, sta all’opposizione in un Paese dove già governa un partito para-fascista. Jobbik è una forza di destra che ha una propria struttura paramilitare (la Guardia magiara) e che nelle ultime elezioni ha sfiorato il 17% dei consensi. Poi ci sono partiti come Alba Dorata in Grecia, il Slovenská Národná Strana (Partito nazionale slovacco), che attaccano rispettivamente immigrati e rom. È inquietante la situazione britannica, dove la destra non entra in parlamento nazionale ma in quello europeo, o le organizzazioni neonaziste tedesche, che non arrivano al parlamento ma entrano nei Lander, soprattutto dell’Est».

Dalla Germania sono giunte notizie di numerosi omicidi di immigrati rimasti impuniti. «Alcuni dirigenti della Linke di Monaco di Baviera sono convinti che non si tratti di un piccolo gruppo di pazzi. Ma di persone che hanno avuto protezione da parte di apparati della sicurezza”.

E nell’Italia dei forconi? «Ogni analisi rischia di essere prematura, ma ci sono molte contraddizioni. Nelle manifestazioni dei “forconi” nelle città del Nord ci sono anche immigrati ed è un fenomeno nuovo a dimostrazione che si tratta di un disagio sociale diffuso. Così come non è vero che tutti i migranti si riconoscono in forze di sinistra. La Lega Nord è in crisi e la nuova segreteria di Matteo Salvini vorrebbe tornare a cavalcare il razzismo. Ma l’Italia non è la Grecia: lo squadrismo verso gli immigrati da noi per ora è difficile. Movimenti come quello dei forconi hanno come obiettivo i sindacati, il Parlamento, i partiti, non hanno prospettiva politica e sono fondati sul qualunquismo. L’estrema destra, anche se ora ha uno spazio che prima non aveva, è uscita distrutta nelle ultime elezioni. Questo sta provocando ripensamenti in chi ci aveva creduto. Prendiamo la situazione di Casa Pound: lavorano in maniera capillare e speravano almeno a Roma di ottenere anche solo un consigliere comunale. L’insuccesso li ha portati a cedere ed ora ricercano relazioni prima rifiutate con Alba Dorata».

Ma a lanciare i messaggi più forti contro l’immigrazione resta Forza Nuova. «Dentro Forza Nuova c’è un forte dibattito dovuto alle continue sconfitte e all’esaurirsi delle risorse. Ora puntano su associazioni collaterali come La Lega della Terra e qualche cooperativa di produttori. Volevano diventare una associazione di massa ma hanno ottenuto risultati impietosi. In alcune circostanze i loro militanti sono stati allontanati dai presidi. Ora mandano avanti le associazioni perché la loro sigla politica è ingombrante. Sono anche deboli numericamente, hanno un po’ di ragazzi ma i loro dirigenti sanno che la situazione non è rosea».

E intanto si avvicinano le elezioni europee… «Che saranno una verifica. Andranno in soffitta le vecchie reti continentali e si creeranno anche alleanze tattiche. I programmi del Front National e il Partito della Libertà degli olandesi sono diversi ma si vanno alleando escludendo lo Jobbik ungherese e Alba Dorata per rendersi più presentabili».

Anche nella scelta di quelli che sono i capri espiatori da colpire ci sono differenze fra singoli Paesi? «Sì, spesso si sono anche definiti nemici immaginari e non è solo a causa della crisi. In Norvegia, dopo la strage di Utoya, è cresciuta l’estrema destra, consolidando il proprio consenso in base a una paura più virtuale che reale. Nei Paesi dell’Est sono cresciuti antisemitismo e antiziganismo, in un mix tra impoverimento generalizzato ed elementi tradizionali, Jobbik ne è un esempio. In Russia sono presenti bande non direttamente connesse a sigle politiche che attaccano gli immigrati di origine asiatica e caucasica. Hanno già fatto centinaia di vittime. Il regime autoritario di Putin ha provato a imporre un giro di vite ma con scarsi risultati».

Invece i naziskin in Italia sembrano aver diminuito la propria influenza? «È vero, ma con alcune eccezioni. In Lombardia organizzano ancora raduni internazionali a Milano, Varese e Monza. Poi c’è un fenomeno propriamente lombardo che fa capo al gruppo Lealtà e Azione e che si ritrova con i romani di Raido. Intervenendo dove ha fallito Casa Pound, hanno raccolto sostegno e finanziatori dalla destra istituzionale. Sono più di 300 militanti, chiedono fondi contro la pedofilia e per le campagne antiabortiste, raccolgono cibo per cani e gatti abbandonati. Raramente aggrediscono gli immigrati, ma spesso se la prendono con gli attivisti antirazzisti e i giovani dei centri sociali. Sono stati anche chiamati da alcuni commercianti per allontanare gli ambulanti immigrati, ma ora è la loro presenza ad essere inquietante e ad allontanare possibili acquirenti».

Un anno fa la strage di Firenze che è stata derubricata in episodio dovuto alla follia. C’è il rischio che si ripetano tragedie del genere? «Non mi meraviglierei di episodi analoghi. Per molti di loro l’omicida non era un mostro o fuori di testa: forse è andato oltre, ma lo comprendono. Purtroppo esiste il terreno di cultura che potrebbe provocare atti di rappresaglia o intesi come vera e propria vendetta del rifiuto di una società multiculturale».

Stefano Galieni