Rom-anzi

La Tv dei rom

Sergio Bontempelli - 6 Gennaio 2014

sutka

Šutka è il nome di una delle dieci municipalità di Skopje, capitale della Macedonia. Ha poco più di quindicimila anime, e una caratteristica unica al mondo: i suoi abitanti sono in grandissima maggioranza rom (il 76,7% secondo il censimento del 2002). E in effetti a Šutka (nota anche col nome di Šuto Orizari) la lingua maggioritaria – riconosciuta come idioma delle comunicazioni ufficiali – è il romanì. Un caso davvero unico, raccontato un anno fa in un notevole reportage di Andrea Mochi Sismondi.

Molti abitanti di Šutka sono emigrati all’estero. Intere famiglie, soprattutto negli anni ‘90, si sono trasferite in Italia: oggi abitano nei “campi nomadi” che punteggiano le città piccole e grandi del Belpaese, o vivono in alloggi propri. Altri gruppi sono andati a lavorare in Germania e in Francia: come sempre accade nelle storie degli emigranti, qualcuno ha fatto fortuna, qualcuno è riuscito a fare una vita dignitosa, qualcuno è finito nei circuiti dell’emarginazione abitativa e sociale.

E proprio da Šutka viene Andrijano Dzeladin, 33 anni, tredici dei quali trascorsi a Parigi da emigrato. Per mantenersi ha fatto di tutto: è stato venditore di tappeti, cameriere, poi ha lavorato in un albergo, come coordinatore del personale di servizio. Tanto per smentire lo stereotipo del rom eterno abitatore di campi e baraccopoli, Dzeladin ha sempre vissuto in case “vere”, in muratura.

Negli anni è riuscito a mettere da parte un po’ di risparmi, che poi ha deciso di investire in un’impresa originale: un’emittente televisiva “rom al 100%”, che trasmette in Francia usando la lingua romanì. L’iniziativa, nata nel 2010, ha avuto proprio in questi giorni l’onore di finire su un blog di Le Monde.

«Il debutto della “sua” televisione» – si  legge nel sito del prestigioso quotidiano transalpino, «risale al 2010, al giorno in cui ha assistito allo smantellamento di un campo rom proprio sotto le sue finestre. Dzeladin abitava già nella regione di Parigi e il caso ha voluto che lui, Rom di Macedonia, si trovasse vicino alla povertà da cui era fuggito dieci anni prima. A farlo reagire non è stato lo sgombero in sé, ma il modo in cui questo venne raccontato dai media: “Ancora una volta, veniva proposto un ritratto molto semplicistico dei rom”, lamenta. Dzeladin era già da tempo impegnato nella difesa della sua comunità. Ma quella volta decise di investire tutti i suoi risparmi nel lancio della Tv».

L’emittente si chiama Šutka City Tv, e prende il nome dalla città natale di Dzeladin. Trasmette programmi culturali, culinari e musicali, e ha un proprio sito internet con 120.000 accessi giornalieri: il tutto, rigorosamente in lingua romanì. Il programma di punta è un talk show quotidiano, dove lo stesso Andrijano Dzeladin riceve le chiamate degli spettatori e dialoga con loro degli argomenti più disparati.

La gestione dell’emittente è molto artigianale, e ha una dimensione quasi familiare. Dzeladin fa un po’ di tutto: si occupa della regia, cura l’amministrazione, risponde al telefono e fa il presentatore. Gli altri protagonisti di questa esperienza provengono dalla sua cerchia ristretta: Le rêve des enfants (Il sogno dei bambini), una trasmissione dedicata ai giovani, è condotta dal figlio quattordicenne, mentre lo zio cura un programma sulla cultura rom, Traditions chez les Roms.

L’obiettivo dell’intraprendente Dzeladin è quello di proporre un’altra immagine dei rom. Per i francesi – come per gli italiani – gli “zingari” sono un popolo confinato nei campi e nelle baraccopoli, dedito esclusivamente al furto, all’accattonaggio e alla “microcriminalità”. E invece, spiega lo stesso Dzeladin al blog di Le Monde, «c’è una maggioranza di rom che rimane invisibile, e che spesso deve nascondere le sue origini per non essere vittima di stigmatizzazione». Molti tra coloro che telefonano alla sua trasmissione, ad esempio, sono medici, avvocati, insegnanti rom.

Šutka City Tv vuole dar voce al mondo rom, proponendo ai francesi un’immagine diversa del proprio popolo, lontana dagli stereotipi e dai pregiudizi. L’obiettivo è quello di ritrovare “l’orgoglio di essere rom”, e di risvegliarlo non solo nelle comunità emigrate in Francia, ma – possibilmente – anche nei 15 milioni di persone che compongono questa minoranza in Europa.

Sergio Bontempelli

Si ringrazia l’amico Arcomanno Paone per la segnalazione