Intercultura

Tutte le strade portano a Roma

- 6 Gennaio 2014
 Courtesy 2014 Rino Bianchi

Courtesy 2014 Rino Bianchi

O tu, appena giunto, cerchi Roma a Roma/ E a Roma non trovi più nulla di Roma… L’incipit di una meravigliosa poesia cinquecentesca risuona nella sala gremita dell’acquario romano, piazza Manfredo Fanti, quartiere Esquilino. Risuona ed emoziona.

Tutti in quella sala hanno coscienza di quanto Roma possa essere spesso scostante, burina, crudele e ahinoi razzista. Sanno che Roma ha perso da tempo la sua antica vocazione all’ospitalità, all’accoglienza. Una Roma dove i rifugiati politici vivono in squallide occupazioni, dove i campi Rom sono privati dei servizi più elementari, dove qualche fascista annoiato cerca di svoltare la serata ammazzando di botte un ragazzo indiano per il solo fatto di esistere. Ma Roma è anche altro e lo sa. La città è sempre stata meta di pellegrini, esiliati, combattenti. Qui Chico Buarque e i suoi occhi azzurri hanno trovato un rifugio dalla feroce dittatura brasiliana, qui Rafael Alberti è scampato al franchismo. E poi come scordarsi che l’antica Roma dava la cittadinanza romana a tutti i suoi sudditi?
Roma è altro, è stata altro e può ancora essere altro. All’acquario romano, il 3 gennaio, la città  ha voluto gridare questa sua esigenza in modo forte e chiaro. L’associazione Incontri di civiltà infatti ha creato, grazie al patrocinio del Municipio Uno, e in particolare all’assessorato alla Cultura e Turismo presieduto dal quarantenne Andrea Valeri, una serata all’insegna della pluralità per augurare a Roma un 2014 di diritti, cittadinanza, intercultura e bellezza.
Il programma fittissimo ha visto varie emozioni incrociarsi e passarsi il testimone. La serata è iniziata con il canto di accoglienza del coro Zenzerei diretto da Laure Gilbert, originaria di Losanna e trapiantata in Sabina, che ha abbracciato musicalmente gli spettatori con un viaggio che dalla Bulgaria terminava in Sudafrica. A seguire le insegnanti e le allieve del gruppo di danza classica indiana bharatanatyam Nritya Kaustubha. E lì attraverso le storie di Vishnu, Ganesh, Kali è andato in scena anche un meticciato tutto romano. Le insegnanti italiane infatti hanno studiato danza in India e ora sono loro a riportare questo sapere alle allieve figlie di migranti (originarie del Bangladesh e dell’India) residenti per la maggiorparte nel quartiere popolare di Tor Pignattara a Roma. I Volti delle ragazze sono solari, belli e limpidi. Forcine floreali, sari riadattati alla danza, sorrisi che stendono gli spettatori. E questa giovane generazione è protagonista anche del video Italiani per Costituzione di Simona Filippini e Matteo Antonelli che viene proiettato subito dopo. Un video sul diritto alla cittadinanza che affida questa lotta alle parole che i Padri costituenti hanno voluto dare ad un’Italia malconcia che usciva da una delle peggiori guerre di sempre. Il reading è alle porte, i tre attori Ahmed Hafiene (Tunisia), Amin Nour (Somalia/Italia), Patrizia Romeo (Italia) pronti dietro le quinte per riannodare i fili intrecciati delle strade di Roma. Ma prima, ecco i volti di chi quelle strade le ha percorse e le percorre ogni giorno per lavoro, amore, vita, ricerca di diritti. Ci sono le donne e gli uomini somali che ricordano quanto l’Italia è responsabile degli sfaceli del Corno D’Africa, c’è Fouad che porta in campo la tragedia siriana, Esmeralda che invoca un’Italia più giusta, il gruppo di imprenditrici strane straniere che ricorda a tutti che l’immigrazione è valore, impresa, lavoro, creatività.
I volti si mischiano alle istanze. Ed ecco che Capoverde chiama la Sardegna alluvionata, il Perù va a braccetto con la Tunisia. Ma è il Comitato Tre Ottobre a riportare l’attenzione sull’attualità più urgente. Sono tre mesi esatti dalla tragedia di Lampedusa del Tre Ottobre 2013. La commozione tre mesi fa era tanta, ma oggi – e lo dice con parole composte, piene di dignità, Tareke Brhane del comitato – non è cambiato nulla per i richiedenti asilo. L’Italia ha militarizzato il mare, tiene ancora aperti i Cie e non ha fatto nulla per chi è scampato a questi naufragi. Le parole di Tareke sono macigni e il pubblico si commuove. Il gruppo Lamori Vostri, con una musica trascinante, conclude dopo il reading la serata. È stata una festa, ma anche un gran momento di riflessione. I bambini trascinano i genitori a ballare. Si accenna ad una pizzica, ad un tango.
Sono passate tre ore, ma la sala è ancora piena. Ed è il pubblico forse la cosa più bella di questa manifestazione. Un pubblico fatto di tutti i colori di Roma. E lì la città multietnica che chiede non solo diritti, ma presenza. Si cerca una casa dove stare, dove dar sfogo ai propri bisogni culturali e sentimentali. Una casa dove la pizzica del salento si mischi con gioia al masharad, al trillo, delle donne somale. È la partecipazione, quasi 500 persone, il dato più bello di questo evento. Roma c’è ed è plurale, come del resto lo sono sempre state le sue strade.

Vea Migliosi