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28 febbraio 2003

Daniele Barbieri - 24 Febbraio 2014
Un'opera dell'artista nigeriana Nnena Abiola Wabara.

Un’opera dell’artista nigeriana Nnena Abiola Wabara.

Sono razzista ma sto cercando di smettere: tenete presente il titolo di questo libro e alla fine vedremo se c’è un collegamento.
Alle 19,43 del 28 febbraio 2003, l’Ansa – cioè la principale agenzia giornalistica italiana – “batte” questa notizia:
«Sola contro tutti, l’Italia ha bloccato a Bruxelles l’adozione in seno al Consiglio dei ministri dell’Ue del pacchetto di misure destinata ad armonizzare a livello europeo le norme e le sanzioni in materia di lotta al razzismo e alla xenofobia. L’opposizione del ministro italiano della Giustizia, Roberto Castelli, non ha lasciato margine di manovra, sbarrando di fatto la strada all’approvazione del dossier, che Atene è comunque intenzionata a riproporre in tempi rapidi. Le misure anti-razzismo non hanno incontrato altri ostacoli oltre a quello italiano. “Nessun Paese a parte l’Italia – ha affermato il ministro della giustizia greco e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Philippos Petsalnikos – ha ritenuto che ci fossero motivi per esprimere riserve sul testo”.  “L’Italia – ha aggiunto Petsalnikos – non ha precisato i motivi delle sue riserve, e personalmente non vedo quali dubbi ci possano essere su un testo che riscuote l’ampio consenso di tutti gli altri Stati membri”. Una mancanza di motivazioni sulla quale Atene vorrebbe vedere più chiaro: “abbiamo chiesto agli italiani di precisare queste loro riserve, ma fino ad ora ciò non è avvenuto” ha osservato il ministro greco. Ancor più critico sul blocco della decisione-quadro si è detto il commissario Ue alla giustizia e agli affari interni Antonio Vitorino, che ha espresso la propria insoddisfazione per il fatto che il Consiglio non sia riuscito ad adottare un testo considerato già di per sè un piccolo passo indietro sul cammino della protezione dei cittadini europei dagli attacchi e dalla violenza razzista e xenofoba. “Non siamo soddisfatti dalla tendenza che è emersa – ha detto Vitorino – e da una proposta di decisione-quadro che è addirittura al di sotto dei livelli di protezione e di sanzioni raggiunti già nel 1996”.  Castelli – che a Bruxelles non ha voluto incontrare la stampa – ha reagito solo più tardi, in una nota da Roma in cui ha precisato “di avere reiterato le proprie perplessità in merito ad un testo che minaccia di limitare la libertà di pensiero e di opinione”. Resta tuttavia un riferimento a possibili strumentalizzazioni del testo per colpire avversari politici – riportato da fonti presenti alla discussione nel Consiglio odierno – che il ministro ha però successivamente smentito di aver pronunciato. L’obiettivo principale della decisione-quadro bloccata oggi, è “definire un approccio europeo comune basato sul principio legale della criminalizzazione al fenomeno della razzismo e della xenofobia, per far sì che gli stessi atteggiamenti costituiscano un crimine in tutti gli Stati membri”. Il testo prevede di stabilire pene e sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate nei confronti delle persone fisiche e giuridiche che siano responsabili di tali crimini. L’agenda del Consiglio prevedeva che oggi i ministri discutessero “la definizione della condotta intenzionale punibile e delle possibili deroghe in materia di comportamenti penalmente perseguibili”. Dal Consiglio di oggi è arrivata una fumata nera anche per l’accordo in materia di cooperazione giudiziaria e di estradizione con gli Stati Uniti. I ministri dei Quindici hanno deciso di “sospendere per il momento i negoziati” per dare più tempo ai Quindici “per esaminare tutti gli aspetti più importanti del testo”.    “Se possibile – afferma un documento del Consiglio – l’accordo sarà concluso a maggio-giugno”. L’intesa, che fino a ieri la presidenza Ue pensava di poter chiudere, è slittato, secondo il ministro greco Philippos Petsalnikos, “a causa della legittima richiesta di alcuni Paesi di consultare preventivamente il proprio parlamento nazionale”. In particolare – si è appreso da fonti comunitarie a margine della conferenza stampa finale – a chiedere un’ulteriore tappa di riflessione è stata la Francia, che ha intenzione di consultare il Parlamento in merito. Per il ministro greco “non ci sarà però alcun bisogno di ridiscutere il dossier”». (ANSA). KRX 28-FEB-03 19:43 NNNN

Era la seconda volta in pochi mesi che l’Italia (o meglio la Lega Nord in una delle sue  “riuscite” mascherate istituzionali) bloccava l’adozione di una normativa europea – più o meno efficace… è comunque un altro discorso – contro il razzismo e la xenofobia.  Lo sottolineava Guido Barbujani nella nota finale del suo romanzo «Questione di razza» pubblicato da Mondadori proprio nel 2003. Barbujani è un docente di genetica all’Università di Ferrara che anni dopo sarà fra i promotori di una iniziativa scientifica nel 70esimo anniversario di quel Manifesto della razza che accompagnò le «leggi razziali» (cioè razziste) del fascismo. (Per saperne di più, cliccate anche qui).
In quel 2003 lo scienziato Barbujani aveva invece scelto le vesti di romanziere portandoci agli anni Trenta, appunto a quel Manifesto degli scienziati fascisti, alla rivista La difesa della razza, alle leggi infami contro gli ebrei e nelle colonie. Il romanzo si muove, con ogni evidenza, dentro la necessità di conoscere il passato per non ripeterne gli errori e gli orrori. Anche perché nell’Italia di oggi – spiegherà Barbujani –  è stata giudicata una battuta innocua la proposta di istituire vagoni separati, per italiani e per immigrati, sulla linea ferroviaria Verona-Bolzano. E appunto (in più occasioni lo ripeterà Guido Barbujani) il 28 febbraio 2003 l’Italia è l’unico fra i Paesi della Ue a non volere una normativa comune contro razzismo e xenofobia. Due episodi fra i tanti.
Sono razzista, ma sto cercando di smettere è il titolo (stupendamente ironico) con il quale Laterza pubblicherà – sempre in quel 2008 che rimanda all’anniversario delle leggi “razziali” – una conversazione fra Guido Barbujani e Pietro Cheli. Di certo quel «cercare di smettere» non si riferisce ai governi italiani e a quella parte di elettori che lo sostiene: anzi stanno cercando di ricominciare, di riconnettersi a quel 1938. Però sarebbe troppo dire che il governo italiano del 2003 è cattivo. Infatti, per una fortunata coincidenza, proprio quel 28 febbraio, viene approvato dal Parlamento un  D. P. C. M. (in sostanza una direttiva del Presidente del Consiglio, se avete difficoltà con le sigle) sul «Recepimento dell’accordo recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy». Libertà di pensiero – direbbe forse Calderoli – è poter insultare e discriminare certi esseri umani ma occuparsi del benessere degli animali.

Daniele Batbieri