Revisionismo storico

Il processo agli antifascisti di Affile

- 8 Aprile 2014

«Assolti perché il fatto non sussiste». Questo il verdetto emerso dalla sentenza del Tribunale di Tivoli, il 1 aprile. I 3 giovani erano accusati di aver imbrattato il sacrario eretto ad Affile con la scritta “Chiamate eroe un assassino”. Il processo lo si voleva svolgere a porte chiuse, per ordine della Presidenza del tribunale, attraverso una decisione quantomeno controversa di interpretazione del codice di procedura penale. Un atto ritenuto arbitrario dal collegio difensivo, che ha portato alla proposta di una eccezione di nullità dell’udienza da cui si è usciti con la disposizione di garantire la presenza ad una ventina persone. Fuori dal tribunale esponenti dell’Anpi e giovani antifascisti, nonché una forte presenza di forze dell’ordine. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, di un processo basato sostanzialmente su basi indiziarie, potrebbe forse partire un altro processo, questa volta su basi consistenti. E a finire al banco degli imputati potrebbe essere il sindaco del Comune laziale, che voleva, con i soldi pubblici e attraverso un opera di revisionismo storico, provare a trasformare Affile nella “Predappio” del Centro Italia. «Costruiremo un monumento dedicato alle vittime dell’Italia coloniale e del nazifascismo – ha dichiarato all’uscita dall’aula, soddisfatto, Ernesto Nassi, presidente dell’Anpi di Roma – Ci aveva colpito la rapidità di questo processo, quando stiamo ancora aspettando quello a carico del sindaco di Affile da noi denunciato per apologia di fascismo. Graziani è e rimane un criminale di guerra. Proseguiamo la nostra battaglia, assieme alla comunità etiope, all’associazione Martiri delle Pratarelle ed ai giovani del comitato antifascista di Affile, fino a che non vedremo abbattere questa vergogna». Il sacrario era stato realizzato nel parco di Radionte ed inaugurato l’11 agosto 2012, suscitando scalpore più a livello internazionale che in Italia. Rodolfo Graziani è stato un generale e uomo politico italiano. Venne impiegato nel Regio esercito italiano durante i due conflitti mondiali, fu un importante gerarca fascista e operò prima nella riconquista della Libia, poi nell’invasione dell’Etiopia e nella successiva repressione. Partecipò alla Repubblica Sociale Italiana con Mussolini e venne inserito dall’Onu nella lista dei criminali di guerra per l’utilizzo di gas tossici e bombardamento degli ospedali della Croce Rossa. Condannato a 19 anni per collaborazionismo, il Generale venne scarcerato dopo soli 4 mesi di detenzione. Il sindaco di Affile, assente in aula alla lettura della sentenza di assoluzione dei 3 giovani, si era già prodigato in passato in elogi verso l’“illustre” concittadino (Graziani era nato ad Affile l’11 agosto 1882) che in un’intervista a Il Fatto Quotidiano descrisse come: «Un esempio per i giovani». Il processo ai 3 giovani, accusati di aver danneggiato siffatto esempio di revisionismo storico, è servito comunque agli avvocati della difesa non solo per dimostrare l’innocenza degli imputati, ma anche per fornire ampia documentazione storiografica atta a far comprendere come il sacrario costituisca uno sfregio alla memoria del nostro Paese e alle vittime dell’avventura coloniale fascista. Gli Antifascisti/e della Valle dell’Aniene hanno così commentato la sentenza: «Salutiamo con un abbraccio tutte le individualità, associazioni, collettivi e movimenti che hanno sostenuto con noi la causa che abbiamo perorato, ancora più sicuri della necessità di spendersi nella battaglia politica e culturale che sradichi la sottocultura fascista».