La musica che gira intorno

I Modena, i fiori d’arancio e la mixitè

Stefano Galieni - 8 Febbraio 2015

Modena-City-RamblersIl logo inconfondibile è quello con la scritta Mcr in giallo e una bomba d’altri tempi sullo sfondo. I Modena City Ramblers sono una band ormai storica nel panorama musicale italiano, e hanno parlato spesso e volentieri di migrazioni. Una delle loro canzoni più recenti, tratta dal Cd Niente di nuovo sul fronte occidentale è, per quel che si ricordi, una delle prime in Italia che tratta il tema delle coppie miste senza indulgere in stereotipi coloniali. Si tratta di Fiori d’arancio e baci di caffè e prende spunto da una vicenda realmente accaduta. La storia di 3 ragazzi africani che, dopo una serie di vicende tortuose, nel 2012 si sono sposati, in un paesino del bellunese, con tre ragazze del luogo. Ha avuto insomma il merito di far conoscere una vicenda importante ed emozionante, cogliendone in maniera poetica alcuni aspetti, una storia che altrimenti sarebbe rimasta poco nota.

Franco D’Aniello è uno dei fondatori. L’acronimo svela anche la città di nascita, si tratta dei Modena City Ramblers. Il 25 ottobre scorso sono stati a lungo applauditi sul palco della Cgil, spesso sono fra i gruppi preferiti nei grandi eventi di massa, avendo scritto e cantato canzoni ormai conosciute da almeno tre generazioni. Hanno iniziato con un curioso metissage di musica irlandese e dialetto modenese, impattando in un contesto come quello dell’Isola Verde, dove, per dirla con D’Aniello «La parola emigrazione è fra i 3 elementi fondanti quanto per la Francia possono essere liberté, egalité, fraternité». E infatti, la sua riflessione parte da un punto di vista che comprende sia l’occhio di chi accoglie sia quello di chi emigra: «Cantiamo di emigrazione perché si tratta di una questione circolare, tanti vengono e tanti se ne vanno. Noi abbiamo iniziato parlando delle emigrazioni interne, parlando dei giovani che in questo Paese non trovano futuro e non hanno speranza di farsi una vita, quindi se ne vanno, dal sud verso il nord o magari all’estero. Alcuni reagivano e reagiscono ancora così, altri restano per lottare». In fondo, gran parte delle loro prime canzoni, che avevano come ambientazione l’Irlanda, parlano di questo. Poi c’è stata La banda del sogno interrotto. «In quella canzone, raccontando di chi resisteva e combatteva la mafia a Palermo, parlavamo anche di chi era costretto ad andarsene verso “la via del nord”. E questo ci ha spinto a riflettere attorno al fatto che non sempre si emigra per fame o per guerre, ma anche per difendere la propria dignità. L’emigrazione come una forma di resistenza insomma, da qui il Cd Grande Famiglia con tutte le canzoni in cui si parla della curiosità per cui si parte verso altri luoghi, sfuggendo alla gabbia delle periferie del mondo. Poco tempo fa ero a Torino, al Salone del gusto, e ho visto una magnifica installazione dedicata alle biodiversità. Si parlava dell’emigrazione dei vegetali che oggi hanno cambiato il modo di mangiare, di concepire il cibo, in tutto il mondo. Si tratta di una emigrazione di sementi che ci ha arricchito. Ecco, noi oggi dovremmo, anche con le persone, ritrovare il modo per far emergere la positività che portano coloro che arrivano, accogliendo in maniera civile e democratica».

Ma se c’è una canzone dei Modena che più rimanda ai temi dell’emigrazione è Ebano, una storia a parte, individuale e inventata, ma che trae spunto da un momento intenso come il suo testo. «Eravamo a Durban, in Sud Africa, in uno dei paesi da cui si partiva e che ora è anche terra di immigrazione, ma potevamo osservare il punto di vista di chi vorrebbe partire – e l’autore sembra ancora emozionato nel raccontare – Sotto il nostro albergo c’era un bar. Nel bar, una prostituta di mezza età con lo sguardo carico di disillusione e alla ricerca di clienti per andare avanti. Ce la siamo immaginata da ragazza, che partiva alla volta dell’Europa per avere un futuro migliore, per poi ritrovarsi in strada, lungo i viali, privata del passaporto e sfruttata, con lo sguardo di chi è stata sconfitta. Una canzone scritta di pancia che emoziona il pubblico, ma ancora fa venire i brividi anche a noi mentre la suoniamo». Oggi gli Mcr stanno suonando, forse più che in passato, i loro testi più “politici”. «Inevitabile – dice il nostro interlocutore – dato il momento che attraversiamo. Siamo solo nella realtà. Di diverso c’è il fatto che negli anni ci siamo contaminati molto anche musicalmente. Abbiamo suonato con gruppi rom, incontrato musicisti di mezzo mondo come Manu Chao e anche questa è una forma di migrazione e di trasmissione di sonorità, storie, generi. Nascono figli meticci che sono le nostre canzoni». E di canzoni che realizzano meticciato ne hanno realizzate, dalla già citata Fiori d’arancio e baci di caffè, alla tragica e definitiva vicenda di Ahmed l’ambulante.

Stefano Galieni