In questo numero

Perché dovremmo essere tutti Lampedusa

Stefania Ragusa - 16 Febbraio 2015

Subito dopo l’attentato a Copenhagen c’è stato chi, polemicamente, si è domandato come mai, a questo punto, non fossimo diventati tutti danesi. Noi, che pur profondamente toccati dai fatti di Parigi abbiamo scelto di non indossare lo slogan je suis Charlie, ci chiediamo invece se non sia stato abbondantemente raggiunto il momento, in questo Paese, di divenire tutti e stabilmente Lampedusa. Perché, piaccia o meno, le vittime di questa nuova stagione di morte ci riguardano e dipendono da noi molto di più di quelle francesi e danesi. Probabilmente ha ragione chi sostiene che quel che sta accadendo dipende in larga misura dalla situazione libica. Ma questo, in un’ottica di buon senso, realismo e, perché no, rivendicazione dei valori cristiani ed europei, dovrebbe rappresentare un motivo in più per impegnarsi nelle operazioni di soccorso, non un alibi per imprese ciniche come Triton. Nel nostro piccolo, ossia attraverso il nostro giornale, vogliamo provare a ricordare a tutti che oggi, ma anche ieri e domani, dovremmo sentirci tutti Lampedusa. E agire di conseguenza. Per questo abbiamo scelto di pubblicare in apertura l’accorata riflessione di Alessandra Balerini, su queste stragi, che non sono frutto del caso ma portano la firma di un Paese, e un’immagine, altamente evocativa, del flash mob che Radio Popolare ha organizzato a Milano sabato scorso.

Questa settimana vi proponiamo anche la storia (raccolta da Stefano Galieni) di Mohamed, egiziano che fa il guardalinee in Italia, il racconto-reportage di Luca Leva e Giulia Ambrosio, che insieme hanno visitato l’insediamento rom di Santa Maria del Pozzo, nel territorio di Giugliano: oltre 60 famiglie posteggiate e dimenticate in un’ex discarica mai bonificata, un’intervista (realizzata da Gabriella Grasso) al musicista togolese Peter Solo, che intreccia mirabilmente Africa ed Europa, funk e vodoo.

Vi parliamo anche delle difficili condizioni degli operatori del centro Salem di Roma, che accoglie minori non accompagnati (Stefano Galieni), del progetto Iprit, per favorire l’immigrazione regolare (Antonio Ricci) e, attraverso l’abituale scor-data a cura di Daniele Barbieri (ma quesa volta firmata da Barbara Bonomi Romagnoli), della scrittrice caraibica Audre Lorde, «nera, lesbica, femminista, guerriera, poeta, madre».

Vi riproponiamo, infine, l’appello messo a punto dalla rete Primo Marzo in visa della prossima Giornata senza di noi.

Buona lettura e buona settimana!
Stefania Ragusa
direttore@corrieredellemigrazioni.it