Nel 2026 stipendi più alti per milioni di lavoratori italiani: conferma del taglio del cuneo fiscale, ipotesi di riduzione Irpef e nuove regole sulla trasparenza salariale.
A partire da gennaio 2026 le buste paga italiane potrebbero mostrare importi più alti, grazie a un insieme di misure già previste e ad altre in fase di definizione. Il taglio del cuneo fiscale, reso strutturale dall’ultima legge di Bilancio, resterà in vigore senza bisogno di ulteriori proroghe. Parallelamente, il governo valuta un nuovo intervento sull’Irpef che ridurrebbe l’aliquota del secondo scaglione, alleggerendo il peso fiscale soprattutto per il ceto medio.
Un ulteriore elemento, previsto a livello europeo, entrerà in vigore da giugno 2026: la direttiva UE sulla trasparenza salariale. Questo nuovo quadro normativo potrebbe rafforzare la posizione dei lavoratori nelle trattative, spingendo a rialzi nelle aziende dove persistono disparità di trattamento.
Taglio del cuneo fiscale e possibile riforma Irpef
Il 2026 si aprirà con la conferma del taglio del cuneo fiscale introdotto nel 2025, trasformato da sgravio contributivo in trattamento integrativo per i redditi fino a 20.000 euro e in aumento delle detrazioni per quelli fino a 40.000 euro. La misura, diventata permanente, consente di preservare un incremento medio dello stipendio netto senza interventi annuali di proroga.
Per i redditi più bassi il beneficio si calcola in percentuale sul lordo annuo: 7,1% fino a 8.500 euro, 5,3% tra 8.500 e 15.000 euro e 4,8% tra 15.000 e 20.000 euro. Chi percepisce fino a 32.000 euro riceve una detrazione di 1.000 euro, che diminuisce gradualmente fino ad azzerarsi a quota 40.000.
Accanto a questa certezza, si discute una riforma Irpef mirata a ridurre dal 35% al 33% l’aliquota sul secondo scaglione di reddito (28.000-50.000 euro). L’operazione, se approvata, garantirebbe fino a 640 euro netti in più all’anno per i contribuenti interessati, circa 49 euro al mese. Il costo stimato di 5 miliardi impone di individuare coperture concrete, probabilmente legate a recuperi dall’evasione fiscale, giochi pubblici e nuovi accordi fiscali. Le decisioni definitive sono attese dopo la pausa estiva.
Direttiva UE e impatto sulla trasparenza salariale
Dal 7 giugno 2026 diventerà obbligatoria in Italia la direttiva europea 2023/970, che impone maggiore chiarezza sulle retribuzioni. Le aziende dovranno comunicare lo stipendio medio per mansioni equivalenti, suddiviso per genere, e giustificare ogni scostamento superiore al 5%. In caso contrario scatterà una procedura di valutazione congiunta, con l’onere della prova a carico del datore di lavoro.

Il provvedimento elimina il cosiddetto segreto salariale: già in fase di colloquio un candidato potrà conoscere la fascia retributiva prevista per la posizione offerta. I dipendenti, su richiesta scritta, avranno accesso a dati aggregati e rappresentativi sulle retribuzioni interne. Non sarà possibile visionare le singole buste paga dei colleghi, ma le informazioni raccolte consentiranno di individuare disparità ingiustificate.
Questa nuova cornice normativa, combinata con le altre misure fiscali, potrebbe creare le condizioni per aumenti mirati soprattutto nei settori dove il gap salariale è più evidente. Le imprese saranno spinte a correggere squilibri, sia per conformarsi alla legge sia per evitare contenziosi. Per molti lavoratori si aprirà così una stagione di maggiore potere negoziale, in un contesto dove trasparenza e tutela legale diventeranno strumenti concreti di pressione.