A Firenze, contro il razzismo

L.M. - 14 Dicembre 2010
Stefania Ragusa, del movimento Primo Marzo, interviene alla manifestazione Contro il razzismo: diritti per tutti e tutte
di Stefania Ragusa, stefaniaragusa.com

FIRENZE. Questo è l’intervento che ho fatto ieri (12 dicembre, ndr) a Firenze in occasione della manifestazione Contro il razzismo: diritti per tutte e tutti organizzata dalla Rete Antirazzista, che ha visto sfilare per le vie del centro, scintillanti di vetrine e luminarie, più di mille persone. Alcuni amici mi hanno successivamente chiesto il testo e quindi ho pensato di pubblicarlo. 

«Il movimento Primo Marzo, come molti tra voi ricorderanno, partendo dal basso, dall’iniziativa spontanea di persone comuni, ha creato lo scorso anno una grande mobilitazione che è stata culturale ed “esistenziale” prima ancora che politica. Abbiamo voluto, italiani e stranieri, camminare insieme, mescolare il nostro cammino, nella convinzione profonda che certi steccati vadano abbattuti, certe contrapposizioni (noi e loro, autoctoni e immigrati, cristiani e musulmani, bianchi e neri…) vadano superate e che sia arrivato il momento di impegnarsi insieme nella stessa battaglia di civiltà per la difesa dei diritti fondamentali. Questa battaglia ci riguarda tutti, e non solo per ragioni etiche o altruistiche: gli stranieri sono il “terreno” dove vengono sperimentate oggi le politiche repressive che domani e dopodomani colpiranno segmenti sempre più ampi di popolazione. La clandestinità, il lavoro nero fanno il gioco di chi vuole far saltare tutele e diritti di tutti i lavoratori e cancellare definitivamente lo stato sociale. Il razzismo non è solo irrazionale, non è solo frutto dell’ignoranza come spesso si crede. E’ tale forse quando rimane confinato alla sua dimensione popolare. Ma quando lascia le portinerie e i bar per accomodarsi nelle istituzioni, viene a servire a uno scopo politico: serve a distrarre, a dividere, a indebolire. Di fronte a questo non possiamo restare fermi. Dobbiamo reagire. Il prossimo primo marzo vogliamo tornare a colorare di giallo le piazze italiane. Ma non dobbiamo dimenticare che questa giornata è nata come e in buona parte è stata una giornata di sciopero, di esercizio di un diritto fondamentale: la manifestazione del dissenso attraverso l’astensione dal lavoro. E’ importante che questo aspetto, che ha suscitato tanto interesse e anche tanto timore, non vada perduto. La carta dello sciopero è una carta che va rilanciata. Sciopero contro il razzismo istituzionale, contro una sanatoria che giustamente è stata definita truffa, sciopero contro la Bossi-Fini e per la difesa del diritto al lavoro. Ma parliamo di un lavoro che sia davvero un lavoro e non sfruttamento mascherato, come sanno bene gli immigrati, i precari, gli stagisti. Questo tema lega isnieme tutti i lavoratori, tutte le persone normali, che non vivono di bunga bunga e protezioni speciali. Persone che rappresentano la maggioranza in questo Paese, anche se spesso se lo scordano.
Prima di chiudere, vorrei ricordare un’altra cosa. Tra pochi giorni scade il termine entro cui il nostro governo dovrebbe recepire la cosiddetta direttiva rimpatri, una direttiva piuttosto restrittiva ma che rispetto alle leggi sull’immigrazione in vigore in Italia apre spazi incredibili. Se entrasse in vigore , interi pezzi della Bossi-Fini e del pacchetto sicurezza cadreberro. Se non entrerà in vigore, la situazione italiana sarà ancora più anomala e contraddittoria. Teniamo viva l’attenzione su questo tema. Cerchiamo di individuare gli spazi di manovra che le contraddizioni e le incongruenze del nostro sistema legislativo ci lasciano a disposizione. Lavoriamo su quelli e a partire da quelli. La rivoluzione oggi passa anche attraverso questa strada. La rivoluzione non può essere più mettere a ferro e fuoco le piazze. Dobbiamo inventare nuovi modi, pacifici ed efficaci, per mettere con le spalle al muro i registi dell’oppressione».


Foto di Stefania Ragusa