Milano, processo Cie Corelli: attenuanti generiche ai migranti imputati

L.M. - 13 Luglio 2012
Ai migranti protagonisti dei disordini avvenuti nel Cie di via Corelli vanno riconosciute le “attenuanti generiche” in virtù delle “condizioni di abbandono” in cui sono reclusi. Chieste 7 condanne dal pm Pradella. Il 18 luglio la sentenza
Ai migranti tunisini protagonisti dei disordini nel Cie di Milano lo scorso 15 gennaio vanno riconosciute le “attenuanti generiche”, in virtù delle “difficoltà di queste persone che si ritrovano ristrette in condizioni di abbandono”. E’ quanto ha chiesto il pm di Milano, Grazia Pradella, nel corso della sua requisitoria durante il processo per i disordini nel centro di via Corelli.
Il pm ha chiesto 7 condanne, tra cui 3 anni e 4 mesi per due degli imputati con precedenti penali (con una prevalenza delle aggravanti sulle attenuanti), 2 anni e 10 mesi per altri 3 tunisini e 2 anni e 6 mesi per gli ultimi due. Per l’accusa di devastazione, il pm ha dichiarato che “il fatto non sussiste” perché non si è verificata “una minaccia concreta per il vivere civile e la collettività”, che è alla base del reato. Una richiesta di assoluzione, infine, è giunta per un altro imputato “per non aver commesso il fatto”.
Sulla richiesta delle attenuanti, il pm si è richiamata in parte alle dichiarazioni di alcuni operatori sociali che avevano spiegato la condizioni di chi vive recluso al Corelli. In particolare, una delle responsabili di Antigone ha raccontato che nel Cie di Milano “c’è una totale assenza di cure e attenzione verso le persone, le vite sono abbandonate al loro destino e non hanno nulla da fare là dentro, è una situazione peggiore di quella delle carceri”. Mentre Ilaria Scovazzi, responsabile immigrazione dell’Arci, ha ricordato come nel “centro gli immigrati non hanno possibilità di comunicare all’esterno perché gli viene vietato l’uso dei cellulari, ci sono solo 4 telefoni fissi non funzionanti e anche le docce non funzionano”. Scovazzi ha inoltre dichiarato che il Cie di via Corelli sia “in pratica una struttura carceraria, dove però a differenza delle carceri non c’è possibilità di effettuare visite a sorpresa per verificare le condizioni”.
Il pm Grazia Pradella ha quindi motivato le attenuanti con il fatto che “le condizioni di vita di queste persone sono sui generis” e che spesso “non capiscono i motivi per cui si trovano ristretti”. La difesa degli imputati, con gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, parlerà il 18 luglio, giorno in cui dovrebbe arrivare la sentenza.
L’11 luglio, su richiesta degli avvocati difensori, aveva deposto anche Angela Pria, capo dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno. Il funzionario aveva spiegato che la “verifica delle condizioni nei Cie è affidata alle Prefetture, a cui spetta il compito di controllo sulla gestione dei centri” e di aver emanato negli scorsi mesi delle direttive “per chiedere ai prefetti quali sono stati i risultati dei controlli”. La prefettura di Milano ha “sempre risposto”, aveva aggiunto Pria. La documentazione verrà acquisita agli atti del processo.
Luigi Riccio