Europee in vista

La strategia della distrazione

Sergio Bontempelli - 20 Gennaio 2014

Matteo-Salvini

La campagna anti-immigrati della Lega sembra fatta apposta per racimolare voti. Non sarà che, con la scusa di “difendere gli italiani”, ci stanno prendendo in giro?

Forse siamo ammalati di “dietrologia”, ma quello della Lega Nord ci sembra un giochino troppo facile. Che funziona, grosso modo, in tre tappe.

Nella prima si lancia l’esca: si fanno dichiarazioni roboanti contro Cécile Kyenge, si sparano slogan improbabili sull’invasione degli immigrati, si ribadisce che gli “italiani sono bianchi” e che la “Ministra nera” deve “tornare in Africa”.
Nella seconda tappa ci si siede in poltrona e si aspettano le reazioni: ci sarà sempre chi (giustamente, sia chiaro) stigmatizza la “xenofobia”, chi rievoca con angoscia le leggi razziali, chi richiama tutti al doveroso rispetto delle istituzioni…
Nella terza tappa non si fa altro che incassare il risultato. Gli “antirazzisti” hanno recitato la parte dei difensori dello status quo: parlano di “tolleranza”, ma lo fanno a pancia piena, ignorando le “sofferenze del popolo”. All’inverso, i “cattivi” – gli xenofobi, i razzisti – sono quelli che “dicono le cose come stanno”, pane al pane vino al vino: sì, se la prendono con gli immigrati, ma perché “difendono gli italiani”, stanno dalla parte della gente comune. E la gente comune non ne può più dell’arroganza dei politici, del lavoro che non c’è, della crisi che avanza, delle tasse, della burocrazia e naturalmente degli immigrati…

Giochi di prestigio
Ma davvero la Lega Nord difende “gli interessi degli italiani” (o dei padani, a seconda dei casi)? Fate caso alle date. Siamo nel mese di gennaio. A maggio si terranno le elezioni europee, e dunque ci troviamo già, di fatto, in campagna elettorale. Nel dicembre 2013, appena un mese fa, la Procura di Milano aveva rinviato a giudizio una decina di dirigenti della Lega Nord per truffa aggravata ai danni dello Stato (cioè dei contribuenti).

Vediamo rapidamente le accuse. Rosi Mauro, ex senatrice del Carroccio, è indagata per appropriazione indebita di 99.731,50 euro. Renzo e Riccardo Bossi, i due figli del Senatur, avrebbero usato a fini personali più di 300 mila euro di fondi pubblici (provenienti dai cosiddetti “rimborsi elettorali”): in particolare, il famoso “Trota” avrebbe speso circa 77 mila euro per comprarsi la laurea in Albania. Per l’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito si parla di almeno due milioni di appropriazione indebita di fondi pubblici.

Certo, si tratta di accuse che dovranno essere dimostrate in Tribunale. Ma lo scandalo è finito sulle prime pagine di tutti i giornali e ha fatto il giro del web: l’immagine pubblica del Carroccio ne è uscita a pezzi, tanto che una parte dell’elettorato leghista ha preferito votare per i Cinque Stelle. A pensar male si fa peccato, d’accordo, ma il rinnovato attivismo della Lega fa proprio pensar male. O no?

I precedenti: Sarkozy in Francia…
Del resto, il giochetto di scatenare una campagna anti-immigrati per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica non è affatto nuovo. Se ne conoscono illustri precedenti.
Nell’Estate 2010, Nicolas Sarkozy viene travolto dallo “scandalo Bettencourt”: secondo le accuse lanciate da due quotidiani transalpini nel mese di giugno, Liliane Bettencourt – ricca ereditiera del gruppo L’Oreal – avrebbe finanziato al nero la campagna elettorale del presidente francese: il Ministro del Lavoro Eric Woerth, in particolare, è accusato di aver preso soldi in contanti per finanziare l’Ump, il partito di Sarkozy.

Travolto dalle polemiche, il Presidente pensa bene di scatenare una virulenta campagna contro i rom: già alla fine dell’Estate viene predisposto il piano di “rimpatri volontari” per i rom in condizione irregolare, e il 20 agosto, dall’aeroporto di Lione, parte il primo volo per Bucarest, carico di “zingari indesiderabili”.
Ne scaturisce una polemica internazionale: a stigmatizzare il razzismo sarkozista intervengono persino l’Ue e il Vaticano. Intanto, però, nessuno parla più dello scandalo Bettencourt. Per Sarkozy obiettivo raggiunto: l’uomo dell’Eliseo, agli occhi degli elettori, non è più il politico che ha intascato tangenti, ma il coraggioso difensore dei francesi contro l’invasione dei rom. Facile, no?

… e Veltroni in Italia
Sia chiaro: la “strategia della distrazione” non è un’esclusiva delle destre. Anzi.
Facciamo un piccolo passo indietro. Siamo nel 2007, e a Palazzo Chigi siede il secondo governo Prodi. È un esecutivo che non gode di grandi simpatie popolari, per varie ragioni. Anzitutto, perché la coalizione che lo sostiene è molto debole, e dunque incapace di azioni incisive. Grazie alla legge elettorale rimasta in vigore fino ad oggi (il “porcellum”), dalle urne è uscito un risultato a dir poco bizzarro: mentre alla Camera il centro-sinistra gode di un ampio sostegno parlamentare, al Senato la maggioranza è tale per appena 10 voti, gran parte dei quali provenienti dai senatori a vita.

D’altronde, le scelte dell’esecutivo scontentano un po’ tutti. L’indulto, approvato l’anno prima, ha mandato su tutte le furie l’elettorato “giustizialista”, mentre l’opinione pubblica pacifista è rimasta delusa dal rifinanziamento delle missioni militari all’estero. Di crisi economica non si parla ancora, ma dall’altra parte dell’Oceano è già scoppiata la bolla dei mutui subprime, e il futuro si presenta tutt’altro che roseo. Insomma, il centro-sinistra teme di perdere le elezioni, e cerca qualcosa per recuperare consensi.

Quel “qualcosa” lo trova il Sindaco di Roma, Walter Veltroni. Il 31 ottobre 2007, alla stazione di Tor di Quinto, una donna – Giovanna Reggiani – viene seviziata e uccisa. L’omicida è un giovane romeno, Romulus Mailat. Il primo cittadino della Capitale convoca d’urgenza una conferenza stampa: la colpa, dice, è dell’eccessiva immigrazione romena, favorita dall’ingresso di Bucarest nell’Unione Europea e dalla conseguente apertura delle frontiere. Sollecitato da Veltroni, il Consiglio dei Ministri si riunisce d’urgenza e vara un “pacchetto sicurezza” che agevola le procedure di espulsione dei cittadini comunitari.

Da quel momento, l’attenzione dell’opinione pubblica si concentra sui romeni, e in particolare sui rom: in tutte le Prefetture vengono convocati d’urgenza i Comitati per l’Ordine e la Sicurezza, si raccolgono compulsivamente dati sulle presenze romene, si predispongono espulsioni e sgomberi. Anche in questo caso, il gioco è fatto: invece di discutere dell’incipiente crisi economica, o delle insufficienti politiche del lavoro, tutti parlano di “pericolo zingaro” e di “emergenza romeni”…

Zingaropoli a Milano: la sconfitta della “strategia della distrazione”
Bisogna anche dire che la “strategia della distrazione” non funziona sempre. C’è un caso clamoroso in cui non ha funzionato, e può essere interessante vedere perché.
Siamo a maggio del 2011. Milano è in piena campagna elettorale in vista del ballottaggio per le amministrative. La Sindaca uscente, Letizia Moratti, è in difficoltà, rischia di perdere e ha bisogno di risalire la china. Anche in questo caso, il centro-destra mette in atto la “strategia della distrazione”: e dunque il candidato rivale, Giuliano Pisapia, viene accusato di voler riempire la città di moschee e campi nomadi (la “zingaropoli islamica”: ricordate?).

Un gruppo di burloni scrive via twitter alla Moratti: «il quartiere Sucate dice no alla moschea in Via Giandomenico Puppa». Naturalmente non esiste nessun quartiere “Sucate”, né tantomeno nessuna via intitolata a “Giandomenico Puppa”. Ma lo staff della Moratti ci casca, e risponde: «nessuna tolleranza per le moschee abusive». Lo scambio di battute fa il giro della rete, e si diffonde in modo virale: nascono blog sarcastici che descrivono il paradiso di Sucate, «bellissimo quartiere pieno di rom, centri sociali e moschee», si diffondono battute e barzellette, e i social network sono letteralmente sommersi dal tormentone. La “strategia della distrazione” è stata messa in ridicolo. E alla fine, Letizia Moratti perde lo scranno a Palazzo Marino.

Rispondere “a tono”
Intendiamoci. È probabile che non tutti gli elettori milanesi abbiano maturato convinzioni antirazziste. Può darsi che molti sostenitori di Pisapia nutrano sentimenti di diffidenza nei confronti di rom, immigrati e minoranze religiose. È possibile che tanti cittadini esultino ancora nel sentire le notizie sugli sgomberi nei “campi nomadi”. Non siamo di fronte cioè a un’improvvisa “conversione” dell’elettorato.
Più semplicemente, la gente ha capito che la “tolleranza zero” è, spesso, un imbroglio, una strategia per deviare l’attenzione. Chi agita lo spettro dell’invasione degli immigrati è, di solito, assai poco interessato ai flussi migratori o alla “difesa degli italiani”, e molto più attento al proprio tornaconto elettorale.

Se questo è vero, forse (forse) bisognerebbe rispondere a tono. Di fronte alla campagna della Lega, è certo necessario stigmatizzare il razzismo: ma probabilmente si dovrebbe anche cambiare registro. La Lega vuole che si parli di immigrazione per recuperare terreno elettorale. E invece è necessario che si parli proprio della Lega Nord, delle inchieste che la riguardano, e delle accuse gravissime – tutte da verificare, ovviamente – che l’hanno investita: corruzione, uso spregiudicato di fondi pubblici, appropriazione indebita di risorse provenienti dalle tasche dei cittadini.
Questi sarebbero i “difensori degli italiani” (o dei padani)? Ma fateci il piacere…

Sergio Bontempelli