Apolidia

Un bambino mai nato, ma vivo e vegeto

- 28 Luglio 2013

Dominic è venuto al mondo, ma il mondo non lo sa. Una storia di apolidia.

Pistoia. C’è un bambino che si chiama Dominic. È venuto al mondo l’anno scorso, una mattina di novembre, mentre fuori imperversava la bufera e la sua casa (la sua baracca) faceva acqua da tutte le parti. Dominic è venuto al mondo ma non è mai nato. Come si può venire al mondo senza mai nascere?, domanderete voi. Ve lo spiego io, ma prima devo ricordarvi che nel mondo dei rom tutto è possibile, tutto è magico, tutto è fantasia. Dovete dunque immaginare due giovani genitori vissuti, come nelle favole, ai margini del bosco, che non sanno di preciso neppure quando sono nati. Dovete immaginare che questi giovani genitori hanno alle spalle una famiglia migrante, o meglio: camminante. Anche se loro ormai non camminano più da tanti anni. Una famiglia che affonda le proprie radici nella Jugoslavia che non esiste più e, ancora più profonde, nella millenaria cultura del popolo rom. Forse esistevano anche, da qualche parte, dei passaporti jugoslavi, ma la carta – c’insegna la storia – è fragile, si strappa, si bagna, si deteriora, ed è per questo, per esempio, che conserviamo ancora gli originali del Petrarca (che era ricco, disponeva di aiutanti e scriveva su della buona pergamena) e invece quelli di Dante, profugo e dalle altalenanti fortune, non esistono più. Dovete immaginare che oggi, dopo tutte queste storie e soprattutto dopo una guerra che ha frantumato un Paese, i due giovani genitori non vantano alcuna cittadinanza, non possiedono né permesso di soggiorno né carta di identità, e dunque – ‘ai fini amministrativi’, come si dice – banalmente ‘non risultano’. Strano, perché io sono stata a casa loro tante volte, ho bevuto il caffè nelle loro tazzine, ho preso in braccio il piccolo Dominic e ho dunque verificato che ‘ai fini della vita’ queste persone ‘risultano’. Come dicevo hanno smesso di camminare, da sempre abitano nella stessa città, percorrono le stesse strade, anche se si trovano nella penosa condizione di ‘apolidia de facto’ che li accomuna a parecchie centinaia di rom ex-jugoslavi in Italia. E dunque che è successo? A novembre, quando è nato Dominic, nessuno ha potuto formare il suo Atto di nascita perché i due giovani genitori non risultano identificabili con certezza. Così Dominic per il momento non risulta mai nato. E qui bisogna addentrarsi in un piccolo paradosso. Tutti concordano su alcune certezze: che l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente e che i bambini sono titolari di alcuni diritti inviolabili, fra i quali il diritto di vivere, di avere un babbo e una mamma, di vedere il proprio nome trascritto su un registro ufficiale (lo dice, fra l’altro, la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo); che gli atti di stato civile vengono formati sia nell’interesse delle persone a cui si riferiscono sia in considerazione dell’interesse generale a che determinati fatti siano registrati e conoscibili da chiunque; che questa condizione di ‘invisibilità’ deve cessare di tramandarsi di padre in figlio per generazioni. Il problema è che nessuno dispone di soluzioni che non siano ‘arte di arrangiarsi’ ma piuttosto proposte serie e replicabili per tutti i casi come il nostro. Siamo in un mondo moderno e ben organizzato dove ognuno, fin dalla nascita, inciampa in una sua casella da riempire. Ciascuno di noi deve dimostrare di essere se stesso. Ma per qualcuno tutto ciò non è previsto. Dunque chi deve porre rimedio a quella che a questo punto è una carenza nelle previsioni normative? È consentito cavarsela con un “non c’avevamo pensato”? Da un lato il Comune, pur con la migliore volontà di risolvere la faccenda, non trova il modo di formare atti riguardanti persone la cui identità è incerta. D’altro canto, sia Procura della Repubblica che Prefettura ammettono la loro incompetenza in merito, rimandando la questione al Ministero di riferimento, il quale chissà quando risponderà… Neppure le autorità consolari degli Stati sorti dalla dissoluzione della Jugoslavia, molto spesso, riescono a rispondere in tempi rapidi riguardo lo status giuridico di molti rom, ormai italiani di fatto ma non di diritto. Nel frattempo, aspettando che la Pubblica Amministrazione superi i propri imbarazzi e si decida a esprimersi chiaramente sulla condizione dei rom apolidi, nelle nostre città vivono persone inesistenti, che non possono avere un documento, non possono iscriversi al servizio sanitario, non possono prendere la patente, non possono lavorare, non possono sposarsi e, come abbiamo visto, non riescono neppure a nascere.

Barbara Beneforti