Europa

Avramopoulos, l’uomo del destino

- 18 Gennaio 2015

Dimitris-Avramopoulos-570Riconoscete il signore nella foto? Probabilmente no. Eppure si tratta di una persona assai rilevante per il destino della Fortezza Europa e di chi prova ad entrarci. Più rilevante e determinante di Matteo Salvini e di Angelino Alfano, anche se l’opinione pubblica italiana stenterà a crederlo.
Costantin Avramopoulos, questo il nome del signore, è il Commissario all’Immigrazione nomimato a settembre scorso sulla base delle alleanze sancite fra le forze politiche europee più rappresentative. Un ruolo delicato quello che è andato a ricoprire, e che ha creato numerose perplessità soprattutto fra le organizzazioni che si occupano di diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Perché Avramopoulos non è uno tenero nei confronti dei migranti, e nemmeno tiepidamente neutrale: è fieramente avverso e determinato a scoraggiare il fenomeno, in nome della sicurezza e della salute pubblica. Gran parte delle decisioni in materia di immigraziome, dal ruolo di Frontex alle emergenze profughi, legate ai conflitti in atto, adesso dipendono da lui.
Ufficiale di aereonautica e poi avviato alla carriera diplomatica, Avramopoulos è entrato in politica all’inizio degli anni ’90 col partito conservatore Nea Demokratia. È stato sindaco di Atene per otto anni e nel corso del suo primo mandato – dal 1994 al 1998 – ha fatto edificare chilometri di “ringhiere” nella città, per risolvere i problemi di ordine pubblico. La capitale si stava preparando al grande appuntamento olimpico del 2000 e doveva brillare anche dal punto di vista della sicurezza. Alla scadenza del secondo mandato, nel 2002, è tornato in parlamento, ricoprendo incarichi ministeriali nei governi che si sono succeduti ed è divenuto anche vice presidente del suo partito. Da ministro della Difesa, nel 2012, e poi da ministro degli Affari esteri, l’anno successivo, è stato un grande sostenitore della barriera di filo spinato stesa al confine turco: «una misura necessaria per proteggere la nostra società e i nostri confini dall’immigrazione irregolare», la definì. E per riaffermare il proprio punto di vista di uomo d’ordine si fece immortalare, da ministro, alla fine del 2013, mentre imbracciava un mitra, in direzione del fiume Evros, uno dei punti di confine più utilizzato negli ultimi anni. A tentare di passare quel valico erano almeno 250 persone al giorno, provenienti per lo più da paesi in guerra. A nord dell’Evros, oggi sorge un muro, che per il neo Commissario è dimostrazione di come si affrontano le emergenze prodotte dai “migranti illegali”.
In molte situazioni Avramopoulos ha mostrato di avere lo stesso approccio dei vari Maroni, Alfano, Salvini, la stessa logica emergenziale, la stessa inclinazione a militarizzare le frontiere. «Proteggere la nostra società e i nostri confini», è stato uno dei suoi refrain preferiti.
Aver affidato ad un uomo con tali caratteristiche una delega congiunta (Immigrazione e Affari Interni) dà l’idea di come profughi e migranti economici vengano considerati un pericolo a cui rapportarsi con strumenti repressivi. A differenza che in passato, questo sembra essere stato assunto anche dall’Ue. Non è un caso che, nel discorso di insediamento di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione Europea, non ci sia stato neanche un riferimento alle stragi del mare.
Ora il Commissario si trova ad affrontare una situazione complessa. È già stato sottoposto a critiche e interrogazioni per l’operazione di schedatura Mos Maiorum dello scorso ottobre (una sorta di super retata europea che ha avuto come obiettivo tutti i migranti presenti negli stati dell’area Schengen e che per una settimana ha impegnato migliaia di agenti in tutta Europa). D’altra parte, le sue dichiarazioni successive all’arrivo, alla fine dell’anno, di oltre 1.200 profughi provenienti dalla Siria e portati in salvo dalla Guardia Costiera italiana e dai mezzi dell’agenzia Frontex, fanno intravedere una presa di coscienza.
Dopo l’arrivo dei cargo Ezadeen Blue Sky sulle coste ioniche e la presa d’atto delle “nuove modalità” adottate dagli scafisti, Avramopoulos si è infatti così espresso: «Non possiamo permettere a contrabbandieri senza scrupoli di fare una fortuna attraverso atti criminali, sfruttando i migranti in cerca di un passaggio sicuro per l’Europa. Le persone bisognose di protezione non debbono rischiare la vita per ottenerla». Pare di cogliere consapevolezza che l’afflusso di richiedenti asilo continuerà, stante le condizioni di guerra diffusa. Solo nel 2014 sono giunte in Europa, infatti, almeno 276mila persone, in gran parte profughi, e le rotte stanno cambiando per sfuggire ai controlli. Accanto ad un approccio repressivo e fondato sui respingimenti, che proseguirà forse in maniera ancora più dura che in passato, si dovrà fare i conti con emergenze umanitarie da affrontare.
Avramopoulos intende ampliare la cooperazione con le autorità turche, da cui partono ora molte delle imbarcazioni e con alcuni paesi africani da cui si fugge. Non è ancora chiaro come la Commissione Europea intenda impiegare 6 milioni di euro stanziati per: «sostenere e facilitare la lotta contro contrabbandieri e trafficanti, ma anche per migliorare la fornitura di assistenza diretta ai migranti, rifugiati e richiedenti asilo». Nel contesto della crisi siriana poi, l’Ue è il principale donatore, con oltre 3 miliardi di euro a disposizione per affrontare la più grave emergenza umanitaria in corso. Si accenna però ad un programma di resettlement per richiedenti asilo. Nel piano strategico che dovrebbe essere varato a breve, l’Ue ha offerto 36mila posti per i profughi siriani, un impegno, forte ma insufficiente anche secondo lo stesso commissario, rispetto alle dimensioni del fenomeno. L’Europa ha istituito un forum per il reinsediamento in collaborazione con gli Stati membri per definire una ripartizione equa, ma che sembra riguardare solo i profughi siriani. Comprensibile visto che un ottavo della popolazione di questo Paese è sfollata, nella maggior parte in campi profughi situati nei paesi limitrofi e in situazioni inumane. Ma cosa accadrà agli altri, dall’Iraq al Corno d’Africa ai vari Paesi centrafricani delle guerre dimenticate? Avramopoulos parla di “responsabilità europea” e contemporaneamente richiama all’innalzamento delle barriere. Soldiarietà e sicurezza in chiave europea, una ricetta che a volte entra in contasto con l’azione concreta degli Stati membri. Di recente, un organismo, non certo di nomina elettiva come l’agenzia Frontex, ha criticato l’intervento di salvataggio in mare oltre le 30 miglia dalle coste che continua ad effettuare la Marina Militare italiana. Anche su questo Avramopoulos dovrà prendere posizione, così come dovrà far sì che si rendano concreti i progetti di accoglienza nei vari Stati membri dell’Ue attraverso la concessione di visti umanitari. Su questo, una presa di posizione ufficiale europea ancora non c’è stata.

Stefano Galieni