Rom-Anzi

A Val d’Ala (Roma) si fa il gioco dell’oca

Sergio Bontempelli - 12 Aprile 2015

valdala_mareIl Comune di Roma spende quasi 170mila euro per uno sgombero inutile: e i rom, alla fine, tornano nel campo. Una storia emblematica, raccontata dall’Associazione 21 Luglio

Ci sono storie che Matteo Salvini dovrebbe ascoltare tutte le sere, prima di andare a dormire. Il leader della Lega Nord, nei giorni scorsi, ha emesso come noto la sua inappellabile sentenza sui campi rom: «io li raderei al suolo», ha spiegato con il consueto linguaggio da Bar Sport. Una frase ben strana, visto che proprio il partito di Salvini ha contribuito più di ogni altro a costruire i campi, a Roma come a Milano. D’altra parte non è un mistero per nessuno che in campagna elettorale, come in guerra, la prima vittima è la verità…

Ma non divaghiamo, e torniamo al punto. Salvini, dunque, dice che i campi rom andrebbero abbattuti: è una bella frase a effetto, che sicuramente farà felici i suoi sostenitori. Il lider maximo delle genti padane, però, dimentica di dire quanto costano gli sgomberi. E soprattutto, quali effetti concreti producono. La vicenda dell’insediamento di Val d’Ala, a Roma, è da questo punto di vista emblematica: ne ha parlato in questi giorni l’Associazione 21 Luglio, e vale la pena soffermarcisi.

I rom di Val d’Ala e il gioco dell’oca
È il 9 Luglio del 2014 quando le pattuglie della Polizia Municipale irrompono nel piccolo campo alla periferia nord della capitale. Il terreno è occupato «abusivamente» da una quarantina di rom romeni, e deve essere sgomberato al più presto. Così, mentre le famiglie vengono allontanate in fretta e in furia, una ruspa provvede – sotto lo sguardo attonito dei bambini – alla distruzione di tende, baracche ed effetti personali.

Corriere delle Migrazioni ha assistito a tutte le operazioni di sgombero: ne abbiamo parlato in un nostro reportage pubblicato l’Estate scorsa. L’Associazione 21 Luglio, però, ha seguito da vicino le famiglie sgomberate in tutti questi mesi: e nel proprio Rapporto 2014 – presentato Mercoledì scorso alla stampa – ha deciso di ripercorrere tutta la vicenda. Riassumiamola in due parole.

All’indomani dello sgombero, al termine di un’estenuante trattativa, ai rom viene offerta un’accoglienza temporanea all’interno dell’ex Fiera di Roma, dove rimarranno fino al 30 Novembre. Allontanate anche dalla nuova struttura, le famiglie si ritrovano di nuovo in mezzo a una strada. Il Comune propone loro un «rimpatrio assistito»: soldi in cambio del ritorno in Romania. Per la gioia di Salvini, e dei suoi seguaci, gli «zingari» sono rimandati a casa loro…

E tuttavia, i rumeni sono – lo sappiamo tutti – cittadini comunitari, e possono circolare liberamente nei paesi UE. Così, trascorso il Natale in Romania, le famiglie hanno deciso di rientrare in Italia. E, non avendo altro posto dove dormire, sono tornate proprio in Val d’Ala, nel campo da cui erano state allontanate. Lo sgombero ha quindi prodotto – ci spiega Carlo Stasolla, presidente della 21 Luglio – «un gioco dell’oca dove alla fine siamo tornati alla casella di partenza». Ed eccolo, il gioco dell’oca, in un’infografica curata proprio dalla 21 Luglio:

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Sgomberi, quanto ci costano?
Quanto ha speso il contribuente per questa complicata peregrinazione? «Lo sgombero di Luglio», si legge nel Rapporto 2014 curato dall’associazione di Stasolla, «è costato 51.450 euro mentre l’accoglienza – priva di qualsiasi sostegno all’inclusione – è costata 116.950 euro. Dunque, lo sgombero forzato di via Val D’Ala ha avuto un costo totale di 168.400 euro senza che sia stata trovata alcuna risposta adeguata alle persone coinvolte».

Insomma, il Comune di Roma ha buttato nel cestino quasi 170mila euro, senza produrre alcun risultato. Questa la cifra fornita dalla 21 Luglio, che però è largamente sottostimata: «purtroppo non abbiamo avuto i dati relativi al rimpatrio assistito in Romania», ci spiega ancora Stasolla, «quindi la spesa totale è sicuramente più alta».

Un caso emblematico, ma non isolato: perché gran parte degli sgomberi funzionano così. Si allontanano gli «zingari», si fanno felici gli elettori, magari si racimola qualche voto. A farne le spese sono le famiglie rom, emarginate ed escluse, e i contribuenti «italianissimi»: gli stessi che, magari, esultano ad ogni sparata di Salvini. Ecco, dalla piccola storia di Val d’Ala possiamo trarre, tutti, un insegnamento prezioso: non facciamoci prendere in giro. Perché in tempi di crisi, davvero, non ne vale la pena…

Sergio Bontempelli