In questo numero

Parlare d’Africa

Stefania Ragusa - 12 Aprile 2015

Pochi giorni fa, a Milano, è stato inaugurato il Museo delle Culture. In mezzo alle polemiche: perché l’archistar autore del progetto, David Chipperfield, ha ritirato il nome dall’opera in quanto colori del pavimento e materiali scelti per realizzarlo non rispecchierebbero il disegno originario; per l’allestimento approssimativo delle prime mostre temporanee; per il livello modesto delle non ancora visibili collezioni etnografiche…
Su questi aspetti, in questa sede, ovviamente non ci addentriamo. C’è qualcosa però su cui sentiamo la necessità di non tacere, ossia il tema scelto per la prima importante mostra: l’Africa degli Spiriti, 200 pezzi di arte tradizionale (o di artigianato?) dal Medioevo in su.
Davvero, oggi, parlando di culture altre e soprattutto di Africa, non c’era niente di più significativo a cui attingere? Davvero, in un momento in cui l’Africa è attraversata da un grandissimo e originale fermento artistico e creativo, per  raccontare il continente non c’era di meglio che accostare statuine, maschere e feticci (tra l’altro, senza nessuna contestualizzazione) in mezzo al tam-tam di tamburi? E’ accettabile che, nel 2015, da pulpiti istituzionali e in teoria scientifici, si continui a insistere con l’Africa da cartolina, tutta nera, animista e magica?
Questo accade, vogliamo ricordarlo, mentre Londra, New York, Parigi riservano tanta attenzione al contemporaneo africano da organizzare mostre di altissimo livello e fiere appositamente dedicate. Non si tratta, ovviamente, di concessioni di stampo buonista  ma di  operazioni di cultura e anche mercato che riflettono un adeguato livello di preparazione. Che in Italia, evidentemente, manca. Non si tratta di essere antirazzisti, ma informati e professionali. Questa inscusabile approssimazione, che riguarda tutta l’industria culturale, e quindi pure l’informazione, ha delle ricadute anche rispetto alla percezione che in Italia si ha degli africani (e qui scatta il collegamento col razzismo): perché dovrebbero essere considerate in termini paritari le creature provenienti dal continente degli spiriti? Al massimo, a gente così si può chiedere di fare una macumba, non di camminare insieme a noi.
Nel nostro piccolo vogliamo opporci a queso trend. E, questa settimana, lo facciamo proponendovi un’interessante riflessione sui fatti di Garissa firmata da una studentessa di legge italo-senegalese, Ndack Mbaye, e il j’accuse lanciato dalla scrittrice Valentina Mmaka rispetto all’esproprio del padiglione Kenya, da parte di un pool di curatori italiani con vistosi interessi cinesi, che sta per andare in onda alla Biennale di Venezia.

L’apertura del giornale riguarda il riconoscimento del reato di tortura che l’Italia (poco spontaneamente, va detto) si accinge a fare. Nel testo di legge portato in Parlamento si parla anche di migranti. Sergio Bontempelli lo ha analizzato a fondo, rilevando alcuni aspetti paradossali che meritano di essere conosciuti.
Bontempelli, come ogni settimana, ci propone anche uno dei suoi rom-anzi: questa volta parla del gioco dell’oca degli sgomberi.

Questa settimana vi proponiamo una lettera-testimonianza, che ci ha inviato un’operatrice Sprar. E’ un testo molto interessante, che aiuta ad aprire gli occhi sulle difficoltà che incontrano tutte le persone (tranne quelle che stanno lì per far soldi, naturalmente) coinvolte nel sistema dell’accoglienza.
Fulvio Vassallo ci parla invece di come, nei fatti (nelle azioni e nelle omissioni) stia morendo il diritto d’asilo in Europa.

Chiara Comito ci parla dell’ultimo disco dell’artista algerina Souad Massi, che attinge a piene mani alla poesia classica araba. Daniele Barbieri, infine, ci propone la scor-data del 15 aprile 1947: il giorno in cui Jack Roosevelt Robinson scende in campo nelle Major Leagues del più amato sport statunitense. E’ la prima volta per un afroamericano.

Buona lettura e buona settimana.

Stefania Ragusa

direttore@corrieredellemigrazioni.it